È messo in chiaro fin da subito nella sezione dedicata alle conclusioni: «L’attività dei servizi di informazione per la sicurezza si è svolta secondo i parametri indicati» nel rispetto «della Costituzione, delle leggi, nell’esclusivo interesse e per la difesa della Repubblica e delle sue istituzioni». Il rapporto del Copasir, votato all’unanimità mercoledì, mette un punto fermo sul caso Paragon, l’azienda israeliana fornitrice dello spyware Graphite, capace di infettare i telefonini attraverso un semplice messaggio WhatsApp. E che, secondo la denuncia di alcuni attivisti della ong Mediterranea e di alcuni giornalisti italiani — su segnalazione di Meta e Apple — sarebbe stato usato per violare i propri dispositivi. A quattro mesi dall’avvio dell’indagine, la conferma del Comitato per la sicurezza, presieduto da Lorenzo Guerini: i servizi segreti italiani non hanno mai intercettato il giornalista e direttore di Fanpage Francesco Cancellato con l’utilizzo dello spyware Graphite. Stesso discorso per il cappellano di Mediterranea don Mattia Ferrari, per il quale non risulta «alcuna attività informativa da parte dei servizi». La spyware, in ogni caso, sarebbe in uso da parte dell’Aise, dal 23 gennaio 2024 e dall’Aisi già nel 2023 «per attività di raccolta informativa nei settori del contrasto a immigrazione clandestina, ricerca latitanti, contrabbando di idrocarburi, controspionaggio, contrasto al terrorismo e criminalità organizzata, nonché per le attività di sicurezza interne all’Agenzia stessa». In quest’ambito rientrerebbero, invece, le attività di intercettazione — che il rapporto conferma — nei confronti di Luca Casarini e dell’armatore Giuseppe Caccia, attivisti dell’Ong Mediterranea Saving Humans, già attenzionati dai servizi sotto il governo Conte II, con attività proseguite sotto il governo Draghi, fino a quello di Meloni. Discorso a parte per l’attivista sudanese, David Yambio, anche lui oggetto di intercettazioni da parte dei servizi nel 2023 e nel 2024, effettuate senza fare ricorso allo spyware dell’azienda israeliana.
LE REAZIONI
A commentare fin da subito gli esiti dell’indagine del Copasir saranno gli esponenti del partito della premier. Pronti acantar vittoria dopo mesi di accuse. «Viene smentita così in maniera netta la narrazione alimentata, tanto dall’opposizione e tanto dai media di riferimento, che esistessero attività di dossieraggio attribuibili al governo Meloni o alla maggioranza di centrodestra», dice il capogruppo della Camera, Galeazzo Bignami. Mette il carico anche un altro meloniano, Salvatore Deidda, che punta dritto sempre contro i partiti della minoranza: «Ora, dopo la relazione del Copasir in cui sancisce che i controlli erano autorizzati dal Governo Conte con Pd e 5 Stelle su richiesta dei magistrati di Roma, non si sentono imbarazzati?». Ma a sentire, l’altro fronte, la vicenda sembra tutt’altro che chiusa. Non lo è ad esempio per il leader di Avs, Nicola Fratoianni, per il quale «bisognerà che venga fatta chiarezza per esempio su chi ha spiato il direttore di Fanpage Cancellato», nonostante l’estraneità dei servizi italiani. E neppure per Matteo Renzi, che all’Agi descrive come «un’ottima notizia che il Copasir abbia smesso di occuparsi di Paragon» perché, spiega, «adesso ce ne potremo occupare noi nelle altre sedi». E il sospetto è che sul caso possano arrivare nuove interrogazioni parlamentari.
IL MONITO
A tirare in ballo il ruolo del Parlamento è anche la relazione, con l’invito finale ad adottare «iniziative di carattere normativo» che evitino il «disvelamento di operazioni e indagini pienamente legittime», così come a valutare interventi per «garantire l’effettiva distruzione dei contenuti intercettati attraverso l’utilizzo delle più sofisticate tecnologie di captazione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Commenti e retroscena del panorama politico
Iscriviti e ricevi le notizie via email