Sorpresa (gradita) per gli oltre 4000 dipendenti vaticani. In busta paga si sono ritrovati 500 euro in più, il famoso bonus «conclave» che Papa Francesco aveva deciso di abolire nel 2013, spiegando che quei denari sarebbero serviti ad alimentare un fondo a favore dei poveri. Con l’arrivo di Leone XIV quella tradizione che andava a compensare a titolo forfettario gli straordinari e il lavoro fatto da tanti lavoratori durante la Sede Vacante è stata ripristinata. Un dono del nuovo pontefice deciso nonostante le casse d’Oltretevere siano al verde. Significativo, poi, che la notizia di questa «regalia» pontificia sia arrivata alla vigilia dell’udienza alla Curia e ai dipendenti, prevista per domani mattina nell’Aula Paolo VI dove Prevost farà un lungo discorso tracciando le linee del suo cammino. In ogni caso un segnale di distensione che arriva dopo anni di tensioni interne, carenza di interlocuzione tra i lavoratori e tanti vertici dei dicasteri e persino un clima che era diventato sempre più pesante.
Il deficit
Prima dell’elezione del nuovo Pontefice, durante gli incontri delle Congregazioni Generali dei Cardinali, era stato dato rilievo al deficit della Santa Sede ammontante a 70 milioni. L’associazione dei dipendenti, una sorta di sindacato interno, con molto garbo aveva fatto notare che non era possibile analizzare nel dettaglio quel risultato negativo a causa della scarsa trasparenza riscontrata in diversi passaggi della riforma economica portata avanti da Francesco. «Ad ogni modo, la prima domanda che salta alla mente è: siamo sicuri che la chiusura della Prefettura per gli Affari Economici della Santa Sede, sancita dal motu proprio “Fidelis dispensator et prudens” (2014), abbia lasciato il passo a una riforma economica vincente? Da quanto si legge, si direbbe di no.
Eppure, il problema dell’assenza di ricavi della Santa Sede (intesa come realtà altra dal Governatorato, che riceve introiti soprattutto dai Musei e dai servizi economici) è sempre esistito» faceva notare l’Adlv (il sindacato interno).
I bilanci non pubblicati
Da alcuni anni persino i bilanci vaticani non vengono pubblicati, cosa che in passato accadeva. Il rosso di oltre 80 milioni di euro che ha allarmato i cardinali durante il conclave ed è stato oggetto di diversi interventi alle Congretazioni viene ricondotto a un problema di calo di donazioni, con conseguente riduzione dell’Obolo di San Pietro. L’Adlv si chiede se la mancata o ridotta copertura del deficit non sia anche stata causata dalla moltiplicazione degli organismi economici (Consiglio per l’Economia, Segreteria per l’Economia e Ufficio del Revisore Generale), di nuovi dicasteri e direzioni di vario tipo, consulenze a persone e società esterne che avrebbero drenato consistenti risorse.
«I dipendenti tirano la cinghia»
«Quello che possiamo dire con certezza — si legge sul sito Adlv — è che finora è stata la stragrande dei dipendenti a tirare la cinghia, con promozioni e avanzamenti di carriera bloccati, tagli dei servizi (o aumento dei loro costi), politiche familiari migliorabili, stipendi non adeguati al costo della vita e, punto non trascurabile, scarsa valorizzazione delle risorse umane percepite solo come una zavorra da trainare. Eppure, soprattutto nel periodo di sede vacante — ma non solo – i dipendenti hanno dimostrato la loro costante disponibilità ad adattarsi alle esigenze del momento (es. operatori del settore media, custodi dei musei, sanpietrini, ecc.) per il bene della Chiesa».
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