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Orbán lancia il nuovo gruppo a Bruxelles. L’idea di Salvini: «Uniamo tutte le destre»


I contorni iniziali, per ora, sono quelli di un ritorno di fiamma austro-ungarico, ma l’obiettivo dichiarato è creare il più grande gruppo della destra radicale al Parlamento europeo. Il nome c’è già, sono i “Patrioti per l’Europa”, ma adesso si apre la caccia grossa per trovare, nel giro di una manciata di giorni, il più alto numero di adesioni: il premier ungherese Viktor Orbán — fautore da mesi, con il suo Fidesz, di un fronte unitario delle ultradestre Ue — ha svelato ieri il piano da Vienna, insieme ai due altri pilastri dell’alleanza: il leader della destra radicale austriaca dell’Fpö e già ministro degli Interni Herbert Kickl e il capo della formazione populista Ano 2011 ed ex premier Andrej Babiš. «I partiti più forti in Austria, Repubblica Ceca e Ungheria uniscono le forze per diventare il più forte gruppo di destra nella politica Ue», ha scritto Orbán su X: «Gli europei vogliono tre cose: pace, ordine e sviluppo. Ma dall’élite di Bruxelles ricevono in cambio guerra, migrazione e stagnazione». A livello identitario, i tre sono contrari a sostenere l’Ucraina e vicini alla Russia, ma si oppongono pure al Green Deal, il piano Ue per il clima, e vogliono strette sui migranti.

L’Fpö, dato dai sondaggi come vincitore annunciato delle legislative del 29 settembre in Austria, fa ad oggi ancora parte, insieme ai lepenisti del Rassemblement National e alla Lega, del gruppo sovranista di Identità e democrazia (58 eletti); Fidesz e Ano, invece, si trovano senza una casa: gli ungheresi finirono tra i non-iscritti (una sorta di limbo dell’irrilevanza per chi non ha una famiglia politica Ue) nel 2021, dopo lo strappo con i popolari del Ppe; i cechi, invece, hanno consumato il divorzio con i liberali di Renew Europe appena dieci giorni fa. Al nuovo sodalizio, l’Fpö porta in dote sei seggi, Orbán dieci e Babiš sette: un numero non casuale. 23 eurodeputati è, infatti, la soglia minima per dar vita a un gruppo parlamentare a Strasburgo, ma occorre rispettare un secondo criterio, non ancora alla portata dell’internazionale “patriottica”: gli eletti devono provenire da almeno sette Paesi diversi. Insomma, servono altri quattro Stati per poter formalizzare la creazione di quello che si candida a diventare il terzo gruppo di destra dell’Eurocamera: «Da subito, tutte le forze che vogliono unirsi al nostro sforzo di riforma sono le benvenute», ha detto Kickl, convinto che «ci saranno più adesioni di quante se ne possano immaginare al momento». L’identikit porta dritto, in particolare, ai rossobruni di Smer, il partito del premier slovacco Robert Fico estromesso dai socialisti e finito tra i non iscritti, ma a dirsi interessata all’idea di mettere in piedi «un grande gruppo per radunare i patrioti europei» è stata la Lega, in concomitanza con l’annuncio viennese: «Da anni lavoriamo per coinvolgere il maggior numero di partiti che mirano a costruire un’Ue diversa, senza le sinistre che negli ultimi anni hanno distrutto l’Europa e indisponibili a sostenere Ursula von der Leyen — ha commentato Matteo Salvini -. Vogliamo allargare il più possibile il perimetro di un gruppo forte, patriottico, coeso e contrario a inciuci».

GLI ALTRI
Nei giorni scorsi, anche il PiS polacco, che siede nell’Ecr con Fratelli d’Italia, era dato in uscita e vicino a Orbán; la dirigenza Ecr si vede, da oggi, a Brucoli, in Sicilia, nel tentativo di superare le frizioni. C’è tempo fino a giovedì per costituire formalmente un gruppo parlamentare, scadenza che dovranno rispettare pure Ecr e Id. Ma la tempistica di Orbán a Vienna racconta anche un’altra storia. Oggi, infatti, l’Ungheria assume la presidenza di turno semestrale del Consiglio dell’Ue, l’organo che riunisce i governi dei 27, in un momento di grande transizione politica per l’Unione. Il motto è tutto un programma trumpiano, e promette di portare Bruxelles sulle montagne russe: “Make Europe Great Again”.

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