Se è vero che tutte le strade portano a Roma, è anche vero che tutte le strade partono da Roma. La via della pace è quella che indica il presidente Mattarella, di fronte al braciere con la fiamma olimpica, parlando dei Giochi Invernali che l’Italia sta per ospitare ed orgogliosa di farlo.
Dice le sue parole il Capo dello Stato dal palazzo del Quirinale da cui si vede tutta la capitale del mondo — «plaza del mundo»: così esaltava Roma nel ‘500 il re Ferdinando il Cattolico — e laggiù c’è l’Ara Pacis di Augusto, con il suo magnifico restauro che contribuisce a farne uno dei luoghi più emblematici e più importanti della terra, mentre più in là ai fori romani c’è il Templum Pacis e tutta l’urbe antica la cui forza è riuscita a fare, come diceva Cicerone, di genti diverse una «communis patria». Una patria condivisa al cui mito partecipano tutti.
E dunque la tregua olimpica, che sta a cuore a Mattarella e a tutto il Paese che egli rappresenta, non poteva che partire da Roma. Da questa città, perché civilitas — cioè convivenza, diritto, futuro — coincide con Roma. E questo non vale soltanto per il passato ma anche per il presente. In cui l’attivismo diplomatico della città dei Trattati di Roma del 1957, delle tante organizzazioni delle Nazioni Unite che hanno sede qui (la Fao e le altre), della Chiesa universale e di tutte le iniziative in corso di una politica per tradizione aperta all’ascolto di tutti e al dialogo con i player e i popoli del mondo rappresenta un punto di forza importantissimo e un nucleo di competenze pratiche, non retoriche e sbandieranti, per ridare al contesto internazionale quell’ordine auspicabile.
Non è un caso che nei prossimi giorni in una festa politica qual è quella di Atreju ci saranno sia il presidente palestinese Abu Mazen sia Rom Braslawski, l’israeliano rapito il 7 ottobre e rimasto prigioniero di Hamas per 738 giorni.
DALL’ANTICA GRECIA
L’assimilazione di Roma al mondo, un mondo che ha bisogno di pace, è il messaggio che arriva dal discorso mattarelliano e dall’insieme del protagonismo che questa Capitale svolge nei Giochi che il nostro Paese si è aggiudicato. La tregua olimpica (Ekecheiria) è una tradizione istituita nell’antica Grecia del VIII secolo avanti Cristo per permettere la partecipazione sicura ai Giochi, sospendendo la guerra. E il concetto è stato ripreso dal Cio e dall’Onu a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso. Lo sport, per mettere oggi fine alla guerra in Ucraina e in Medio Oriente, e per spegnere gli incendi, non come distrazione di massa ma come dissuasione per i belligeranti. Il pacifismo pragmatico questo è.
E Mattarella questo approccio lo simboleggia molto bene, non da adesso, e lo simboleggia anche la nostra città. Con il suo equilibrio nella postura internazionale che le viene da un know how di lunga durata e non può che dare a Roma, in questa fase, una centralità fattiva. Specie in un momento in cui le grandi istituzioni multilaterali — da rilanciare al più presto e su questo le forze politiche la pensano all’unisono così come la stragrande maggioranza degli italiani — sono in difficoltà.
Roma del resto è anche la riprova di quanto sia importante la funzione dello sport nella crescita di un Paese e di come lo sport sia veicolo di nuove forme di comunità. Occhio per esempio a una statua dell’Eur, di cui parla tra le tante cose nel suo ultimo stupendo libro Francesco Rutelli: «Roma, la città dei segreti», Newton Compton Editori. Si chiama il Genio dello sport ed è il rifacimento, per le Olimpiadi del 1960, di una statua del periodo mussoliniano poi de-fascistizzata. Al giovane che vi è ritratto sono stati fatti indossare una semplice corona d’alloro e i guanti sportivi. Insomma quella è la figura di un atleta e l’atletismo di questa metropoli — la stessa delle Olimpiadi del ‘60 che sull’onda del boom economico è stata profondamente trasformata anche grazie a grandi realizzazioni firmate Piacentini, Nervi, Moretti, Morandi e in quella occasione Abebe Bikila disse: «Vincere a Roma è vincere mille volte» — è oggi più che mai un atletismo di pace. Un patrimonio messo a disposizione di tutti in cui umanità, umanesimo e universalismo sono una trinità, laica, che soltanto qui si può trovare e soprattutto qui da noi può proficuamente operare.
IL POETA GHIGLIOTTINATO
André Chénier, il poeta liberale e rivoluzionario francese ghigliottinato dal Terrore due giorni prima della caduta di Robespierre, disse che «Roma ovunque ha impresso la sua essenza. E suo è il respiro che a tutto il mondo dà vita». Nelle Olimpiadi italiane di questo inverno c’è il soffio di Roma, l’anima di Roma, la spinta sportiva, emozionale e insieme economica e culturale che questa Capitale imprime a se stessa e al Paese di cui è guida.
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