A poche ore dal deposito delle azioni in vista dell’assemblea chiamata per il 21 agosto da Mediobanca per mettere ai voti l’Ops su Banca Generali, vale la pena provare a mettere alcuni punti fermi e ragionare su quello che sta accadendo.
Il sei agosto scorso, il consiglio delle Generali si è riunito per discutere sulla proposta di Mediobanca. Sul fronte della convenienza o meno dell’operazione non è emerso nulla di nuovo. Quello che invece è emerso è che un consigliere del Leone, Lorenzo Pellicioli, ha ammesso di aver parlato con Alberto Nagel, ceo di Mediobanca, prima della sua nomina nel consiglio delle Generali, dell’Ops su Banca Generali che lo stesso Nagel si accingeva a fare.
Sulla vicenda Mediobanca-Banca Generali anche la Consob, interpellata dall’Ansa, ha fatto sapere che «ha in corso la normale attività di vigilanza che viene fatta nel 100% dei casi, ogni qualvolta ci sia sul mercato un’opa o un’ops». In effetti l’Autorità di Borsa si trova di fronte a una situazione particolare.
Secondo quanto ricostruito con diverse fonti, sarebbero in realtà quattro su 10 i consiglieri di Generali, nominati nella lista di Mediobanca (o forse si potrebbe dire dallo stesso Nagel, perché non sarebbe passata in cda), che per iscritto avrebbero confermato di essere stati informati prima della loro nomina del lancio dell’Ops. Insomma, quasi la metà dei consiglieri voluti da Nagel per il board di Generali, sarebbe stata informata della volontà di lanciare l’Ops su Banca Generali.
E già questo rende lecito porsi l’interrogativo: è legittimo il consiglio delle Generali? Di fatto Nagel è il deus ex machina della lista per il cda delle Generali eletta il 24 aprile, quindi Nagel fa la lista. Nagel è l’architetto dell’offerta di scambio tra il pacchetto delle Generali in pancia a Mediobanca e la quota in Banca Generali del Leone lanciata il 27 aprile, solo tre giorni dopo l’elezione del board targato Mediobanca. E, da quanto sta emergendo in questi giorni, è sempre Nagel ad aver condiviso preventivamente l’Ops con circa la metà degli eletti. Insomma, a non voler essere ciechi, non si può non osservare come il numero uno di Mediobanca stia cercando di ottenere una delega in bianco dall’assemblea del 21 agosto per poter portare avanti un’ipotesi di accordo con Generali. Si potrebbe dire una trattativa tra sé stesso e quel consiglio da lui nominato e preventivamente informato, presieduto dal fidato Andrea Sironi. Vengono in mente i “furbetti del quartierino”.
IL PASSAGGIO
E, anche questo va sempre ricordato, senza ottenere nessun avallo di Banca Generali, considerato un “terzo incomodo” seppure essenziale per un accordo di distribuzione, come sostiene Mediobanca, “strategico”. Un ultimo punto. Nagel non avrebbe portato in Comitato parti correlate di Mediobanca, la proposta a sua firma inviata a Generali (come prescritto dai regolamenti). Comitato di cui ha sostituito traumaticamente il presidente Sandro Panizza con Vittorio Pignatti Morano, figura vicina al management. Già manager di punta della fallita Lehman Brothers e co-fondatore del fondo Trilantic (e forse, a beneficio di una totale trasparenza, bisognerebbe verificare se non abbia ricevuto fondi dalle Generali).
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