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Open Fiber torna in banca e chiede altri 350 milioni


In Open Fiber, la società di fibra ottica controllata al 60% da Cdp e al 40% da Macquarie, che sta cablando le case degli italiani, la coperta è diventata già corta prima del previsto. Nonostante l’accordo raggiunto il 7 giugno, con un ritardo di almeno 3-4 mesi, su una manovra complessiva di 3,2 miliardi circa fra nuova finanza, riattivazione di linee accordate ma congelate e capitale fresco, secondo quanto risulta al Messaggero, il fabbisogno costringe a battere daccapo cassa e all’appello mancano circa 350 milioni. Da notare che la manovra finanziaria copre fino al 2029 mentre il piano industriale è 2023-2032.

Nei giorni scorsi l’ad Giuseppe Gola, il cfo Andrea Crenna e gli uomini di Lazard, advisor della società, hanno re-iniziato il giro delle grandi banche, in particolare gli 8 istituti original underwriters del project financing di partenza da 7,2 miliardi (Bnp Paribas, Société Générale, UniCredit, Intesa Sp, Banco Bpm, Ing), Santander, Credit Agricole) per chiedere di riaprire il rubinetto, dopo il faticoso negoziato conclusosi quasi un mese fa che a questo punto si sta rivelando insufficiente. Su questo rabbocco di liquidità si sarebbe riacceso il confronto tra banche e azionisti con lo scaricabarile su chi deve mettere i soldi.

I 350 milioni si riferiscono alla long term, detta anche la fase 2 della manovra complessiva da 3,2 miliardi comprendente 1,150 miliardi bloccati per aver sforato le conditions precedents, cioè alcune clausole contrattuali che determinano il tiraggio delle risorse, cui sono stati aggiunti 375 milioni di equity deliberati da Cdp e Macquarie due anni prima ma anch’essi congelati. Nella manovra sono previsti 1 miliardo di equity e 1,050 miliardi di debito con gli istituti. E mancano i 350 milioni circa che sono circa un terzo di 1,050 miliardi che servono per sviluppare il piano industriale fino al 2029.

L’APPORTO DEL PNRR E INFRATEL

Quindi a completare gli interventi sulle aree bianche (a totale fallimento di mercato, cioè dove nessuna iniziativa privata ha manifestato interesse ad investire perché non c’è ritorno) e aree grigie (a parziale fallimento di mercato) ora finanziati con i fondi del Pnrr. Poi mancano 800 milioni per il riequilibrio del piano economico finanziario delle aree bianche che dovrebbero essere erogati da Infratel ma potrebbero essere concessi dal Tesoro come sembra più opportuno.

Open Fiber nel 2023 ha avuto ricavi per 582 milioni (+ 24%), ebitda 234 milioni (+ 31%), marginalità 40%, risultato netto in rosso di 296 milioni.

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