Mai vista, la protesta dei derubati. Mai così sotto i cinque cerchi, che stavolta sembrano spire, o inquietanti presenze (infatti il Coni non gradirà, e ancora meno il Cio).
Le spalle dei giocatori girate verso la giuria durante gli inni, e in acqua non si gioca per quattro minuti. Altamente simbolica, gonfia di dignità offesa, applaudita dagli avversari e dal pubblico: ergo, un successone. Il gesto del Settebello entra nella storia delle Olimpiadi, è il più clamoroso che si ricordi.
La protesta del Settebello
Contro gli arbitri della pallanuoto, certo, che hanno consentito si perpetrasse la vergogna di Italia-Ungheria, quarti di finale olimpici, tre giorni fa, col gol di Condemi annullato per un’assurda interpretazione (fallo di brutalità su un avversario con la mano che aveva appena sferrato il tiro: mai successo) e il giocatore azzurro espulso per 4 minuti. Ma va anche oltre: è una protesta contro il modo in cui si applicano le leggi e i regolamenti nello sport, ed è contro il sistema del Var e di chi lo gestisce, perché la vergogna dell’Aquatics Centre è stata resa possibile proprio dall’interpretazione folle delle immagini. Vecchia storia, il calcio ne sa già qualcosa purtroppo. Ed è la protesta degli sportivi, che troppo spesso sono vittime di altri carnefici, in giacca e cravatta. Gli stessi che con somma ipocrisia hanno respinto i tre ricorsi della Federnuoto, prima a World Aquatics poi al Tas, ma al tempo stesso hanno ammesso che Condemi non aveva poi commesso un fallo così grave (infatti non è stato squalificato) e per ulteriore beffa hanno anche sospeso i due arbitri colpevoli, il montenegrino Miskovic e il rumeno Alexandrescu.
Cosa è successo
Così in una delle due finaline dal quinto all’ottavo posto del programma in cui gli azzurri sfidano la Spagna, il gesto dei giocatori dell’Italia è di grande effetto. Prima dell’esecuzione dell’inno di Mameli, il capitano Di Fulvio e tutta la truppa danno le spalle alla giuria, e in felpa e ciabatte cantano l’inno con la mano sul cuore. Applausi dagli spalti. Dopo l’inno iberico le due squadre si incrociano per il saluto e lo spagnolo Felipe Perrone Rocha, che ha giocato in Italia a Recco e a Savona ed è pure membro della World Aquatics, abbraccia gli azzurri, facendo capire che è con loro. Ma non è finita qui. Inizia la partita e il ct azzurro Sandro Campagna, leggenda della nostra pallanuoto, chiama subito timeout, dopo pochi secondi: i giocatori escono dall’acqua, il pubblico applaude, Campagna è serissimo e quasi commosso.
Poi Francesco Condemi, l’attaccante protagonista dell’episodio dello scandalo, si slaccia la calottina e si autoesclude dal match: lo farà per 4 minuti, ossia il tempo della sua espulsione contro l’Ungheria. E ancora: il primo attacco tocca all’Italia che non tira in porta e lascia scadere i 35”, poi in difesa, e per 4 minuti esatti, gli azzurri difenderanno con un uomo in meno, ancora polemicamente, perché contro l’Ungheria era accaduto lo stesso. I giocatori della Spagna, solidali ma un filino in imbarazzo, perché una situazione simile non si era mai verificata, qualche golletto lo segnano, tre per l’esattezza, ma ovviamente senza affondare troppo i colpi, giusto il minimo sindacale. Dopo i 4 minuti della protesta, la partita riprende più o meno seriamente, e finirà 11-9 per la Spagna. All’Italia resta da giocare l’inutilissima finale per il settimo-ottavo posto, da giocarsi oggi contro l’Australia.
Sandro Campagna alla fine spiega: «Abbiamo lasciato un messaggio nell’interesse costruttivo per pulire e migliorare il nostro sport. È capitato all’Italia ma può capitare a chiunque. Bisogna rispettare gli atleti e lo sport, poi gli errori, anche dell’arbitro, ci stanno, ma quello dell’altro giorno va oltre l’errore dell’arbitro. Inaccettabile alle Olimpiadi. Non avevamo energie per giocare questa gara perché sono due giorni che i ragazzi non dormono, compreso me».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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