Può la riconciliazione tra due rissosissimi fratelli trasformarsi in un fenomeno di costume? Può, se i due fratelli si chiamano Liam e Noel Gallagher, e se la loro ritrovata unione significa anche la reunion di una delle band più amate e più rappresentative di un periodo d’oro per la musica come gli Anni ’90. L’annunciato tour degli Oasis, in Gran Bretagna e Irlanda nel 2025 (a cui, vista la straordinaria richiesta di biglietti, ieri sono state aggiunte tre nuove date) è diventato in poche ore l’evento più atteso dell’anno, tanto da aver riacceso all’improvviso i riflettori, in un’estate dominata dal pop country americano di Taylor Swift, sul Britpop e in generale sulla cultura del Regno Unito. Una cultura che, da sempre, fa rima con stile: proprio quest’ultimo aspetto, per tutta la seconda metà dei Novanta, fu centrale nella diffusione a macchia d’olio di un genere musicale che pescava a mani basse dagli Anni ’60, a cominciare dai Beatles (il taglio di capelli scalato vi dice nulla?) e dalla controcultura Mods, simbolo di una “working class” in cerca di riscatto. Un riscatto che, grazie al ritorno degli Oasis, quest’anno investirà anche le nuove generazioni con la classica strafottenza tutta british che le polo Fred Perry, le camicie Ben Sherman, le Gazzelle Adidas e gli stivali Dr. Martens sanno trasmettere. Senza considerare Pretty Green, brand fondato da Liam, e la speciale collezione di t-shirt che Levi’s ha dedicato ai trent’anni dell’album di debutto della band, Definitely Maybe.
L’ICONA
Ma a chi ha un paio di decenni in più sulle spalle, forse basterà guardare in fondo all’armadio e rispolverare lui, il vero e più appariscente protagonista dello stile casual britannico per l’autunno e l’inverno: il parka. Riportato in auge proprio da Liam Gallagher, che lo indossava sul palco per cantare nella sua caratteristica posa a mento alto come il rocker che non deve chiedere scusa mai, l’abbondante giaccone imbottito con cappuccio (originario dei popoli inuit canadesi e poi utilizzato dall’esercito americano per via delle tante capienti tasche di cui è dotato) era un compagno fedele dei Mods che scorrazzavano in Lambretta per le vie di Brighton e che permetteva di non sporcare le loro accuratissime mise. Come il film Quadrophenia del 1979 ha raccontato, infatti, la filosofia dei Mods era proprio quella di riscattarsi dalle ristrettezze della classe operaia (pur facendone pienamente parte) distinguendosi grazie allo stile e alla ricercatezza: la scena in cui il protagonista indossa i jeans ancora bagnati per renderli perfettamente aderenti ne è l’immagine più efficace. Il parka, rigorosamente di colore verde militare, divenne un biglietto da visita da personalizzare con decine di patch. Tra i tanti marchi che lo producono, tra cui Lambretta (il cui logo è proprio il “target”, il simbolo dei Mods), e che offre delle riproduzioni fedeli dei modelli Anni ’60, uno dei più iconici è senz’altro Stone Island. Ne esistono molte versioni (non a buon mercato), da quelle più lunghe e pesanti, imbottite di piuma, fino al blouson avvitato per la mezza stagione.
Il parka insomma è il guscio indispensabile per proteggere quella che è la vera seconda pelle di un amante del Britpop: la polo. Un capo che tutti i principali marchi casual britannici producono, ma che al di là della Manica fa rima soprattutto con Fred Perry. Nata nel 1952 per iniziativa del celebre tennista inglese che la indossò a Wimbledon, la polo dal tessuto piquet con il simbolo dell’alloro è diventata una sorta di divisa in ogni pub del Regno Unito e non solo. Con il classico motivo a strisce a ornare colletto e maniche corte, da tradizione andrebbe indossata chiusa sul collo fino all’ultimo bottone, ma sono permessi strappi alla regola: non ne alterano il fascino impunito che unisce sportività ed eleganza. Molto utilizzata dai Mods insieme a quella di altri brand come Lonsdale e Merc, in ambito musicale fu rilanciata negli Anni ’70 da Paul Weller dei The Jam e reinterpretata, nei Duemila, da Amy Winehouse che firmò anche una sua collezione femminile. Tuttavia a renderla un manifesto del Britpop sono stati soprattutto i Blur di Damon Albarn e Graham Coxon (“rivali” — per così dire — degli Oasis). Per chi cerca un’alternativa altrettanto stilosa, c’è la camicia Ben Sherman. I motivi a quadri colorati, le maniche corte e il colletto bottom-down (importato dagli Usa) negli Anni ’60 divennero un’ossessione per i Mods sulla spiaggia di Brighton, dove lo stilista inglese prosperò fino a conquistare Carnaby Street, il tempio della Swinging London. Un indumento che ancora oggi, quando Ben Sherman è ormai un brand così iconico in Gran Bretagna da aver firmato anche le divise della squadra olimpica, trasuda rock ‘n’ roll.
LO SPORT
Oltre alla musica, l’altra grande passione dei fratelli Gallagher è sempre stata il calcio. E si vede: i capi sportivi sono parte integrante dello stile Britpop, al punto che le maglie del Manchester City, la fede calcistica di Noel e Liam, sono entrate nel guardaroba di moltissimi fan. Ma non solo: Adidas ha da sempre rivestito un ruolo chiave nell’abbigliamento casual britannico, sia per le giacche da tuta con le caratteristiche strisce sulle maniche (quelle degli Anni ’70 dominano il mercato vintage) ma soprattutto per le sneakers. Le Gazzelle, le Stan Smith e le più ricercate Spezial (di quest’ultime, originariamente nate per la pallamano, Liam ha anche firmato alcuni modelli) sono diventate così iconiche attraverso gli anni da aver anche dato il nome d’arte al cantautore romano 34enne Flavio Pardini. Se si dovesse riassumere in un solo capo la dicotomia musicale degli Anni ’90, quando il Britpop in Europa si contrappose allo stradominio americano del Grunge, si potrebbe dire che il camoscio delle Gazzelle fa da contraltare alla tela delle Converse All Star, calzatura tipica delle band di Seattle. Ce n’è però una, di calzatura, che accomuna entrambi questi fenomeni: gli stivali Dr. Martens, che da sempre incarnano tutto ciò che serve a una vera rockstar, ovvero stile e resistenza. E ogni volta che uscirete di casa, vi sembrerà di sentire il riff iniziale di Morning Glory ad accompagnarvi. Solo badate a non caricarvi di troppa strafottenza british e a fare come Richard Ashcroft dei The Verve nel video di Bitter Sweet Symphony, che prendeva a spallate ogni passante che si metteva sul suo cammino: potrebbe non finire bene.
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