Il nucleare fa parte a pieno titolo della strategia energetica italiana del futuro. E le nuove regole «saranno pronte a breve per il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin che nell’agenda delle priorità vede anche una riforma del settore Acqua che «colmi il gap infrastrutturale del Paese». Nel frattempo, la soluzione per depositare le scorie nucleari, comprese quelle a bassa e media intensità prodotte dagli ospedali e dalle industrie, è nella previsione di un piano con tre depositi, uno al nord, uno al centro e uno al sud. Mentre i rifiuti delle vecchie centrali finiranno all’estero. Per vedere i primi mini-reattori ci vogliono, però, almeno 6-7 anni.
IL NODO TODDE
E allora per spingere al massimo sulle fonti rinnovabili «va senz’altro fatta una valutazione sul fotovoltaico a terra», per il ministro, considerando che «in Italia ci sono 1 milione di ettari di terreni non coltivati, ma catastalmente agricoli». Un altro passo obbligato.
Non solo. Vanno più in generale rimossi «i vincoli ideologici» alle rinnovabili», come quelli messi dalla regione Sardegna, sottolinea Pichetto Fratin. Altrimenti, non solo rischiamo di rimanere in coda all’Europa, con la Spagna che punta all’80% delle energia da fonti rinnovabili entro il 2030. Ma con la domanda di energia in aumento nel mondo diventa sempre più chiaro, come dicono gli esperti del settore, che resta il gas, la fonte per eccellenza per accompagnare la transizione e dare stabilità ai prezzi. Vale per l’Italia come per il resto del mondo. Lo dicono i numeri per l’ad di Snam Stefano Venier commentando ieri la presentazione del Global Gas report 2024. La domanda mondiale di energia continua ad aumentare, soprattutto per le pressioni dall’Asia. E lo farà ancora di più nei prossimi anni per via del fabbisogno dei data center e del raffrescamento degli edifici, ha spiegato Martin Opdal, partner di Rystad Energia nel corso dello stesso webinar. «Guardando gli Stati Uniti, vediamo che e richiesta sempre piu elettricita per per rifornire i data center. E notiamo che la crescita e stata fino al 2019 del 2%, mentre successivamente si e moltiplicata per sei negli ultimi anni. Adesso abbiamo una crescita del 12% l’anno, a partire dal 2019 fino ad oggi. E pensiamo che questa tendenza continuerà dal momento che adesso si sta applicando l’intelligenza artificiale a molte altre fabbriche, a molti altri settori».
In questo contesto l’Italia, oltre a dover inseguire gli obiettivi green, deve puntare a tagliare i costi dell’energia per famiglie e imprese. Anche a questo serve una rotta verso le rinnovabili senza ideologismi. «Porre dei vincoli ideologicamente alle rinnovabili sul 99% del territorio rende tutto molto più difficile», ha sottolineato il ministro Pichetto. E dunque, «ora voglio vedere bene il provvedimento sardo, ma se davvero è vincolante per i 7 chilometri da ogni monumento, in Italia non ci sono spazi liberi», ha fatto notare.
IL GAS RELEASE
Nel frattempo, le imprese puntano sull’Energy Release, cioè la fornitura di energia elettrica a prezzo calmierato alle imprese energivore che realizzano nuove rinnovabili, per ora abbattere i costi energetici fino ad un terzo dei loro consumi annui per i prossimi tre anni e investire proprio in progetti rinnovabili. Il provvedimento mette a disposizione di 3.800 aziende da 20 a 25 terawattora all’anno, ha detto Pichetto, sempre a margine di un convegno sull’argomento nella sede di Confindustria. Un toccasana per chi paga l’energia il doppio dei concorrenti europei, come sottolineato da Aurelio Regina, il responsabile Energia di Confindustria.
IL NODO IDRICO
Infine, la strategia di sicurezza del Paese mette al centro anche il capitolo acqua per lo stesso ministro. «Le nuove sfide imposte dai cambiamenti climatici e dalla transizione ecologica rendono evidente la necessità di intervenire per colmare il gap infrastrutturale nel settore idrico e per consentire il dispiegamento di una strategia nazionale di impiego delle risorse idriche in tutto il territorio, lungo tutte le fasi del ciclo idrico, dalla captazione fino al rilascio». Su questo il governo è in campo. Serve una riforma dice, incentivi alle aggregazioni, ma anche un asse pubblico-privato. Parole preziose per le orecchie di un gruppo come Acea che investe nel settore idrico circa 4,7 miliardi di euro entro il 2028 e che da tempo sollecita una svolta che metta la rete idrica al giusto posto nella strategia di un Paese che spinge sullo sviluppo.
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