Cesare Miscio deve compiere 71 anni e non ha alcuna intenzione di lasciare la sua impresa agricola di 21 ettari in provincia di Latina, a Sermoneta nel cuore dell’Agro Pontino. Produce kiwi e frutta destinata alla grande distribuzione organizzata che, attraverso le cooperative, finisce nei supermercati di mezza Europa e non vuole sentir parlare di pensione. Per tanti motivi.
Pensa mai alla pensione?
«Perché dovrei smettere? Mi sento ancora bene, sono attivo e ho un’azienda agricola che riesco a portare avanti insieme a mio fratello e mio nipote. I miei figli fanno altro nella vita, non posso obbligarli a seguire le mie orme. Con tanta fatica e sacrifici ho raccolto le redini dell’azienda da mio padre nel 1988 e voglio continuare finché ce la faccio. Ma non sono l’unico: come me ci sono altri settantenni in questa provincia che portano avanti le loro aziende agricole».
E poi?
«Poi si vedrà, quando mi stancherò penserò al futuro. Ci sono mio fratello e mio nipote, vorrei che l’azienda andasse avanti e che non venisse venduta: dietro c’è il sudore di una vita. Io sono nato in queste terre, ho sempre fatto l’imprenditore agricolo, pensi che fino a sette anni fa coltivavamo verdura destinata a una grande azienda multinazionale di surgelati di Cisterna di Latina, perlopiù spinaci, ora ci siamo dedicati interamente alla coltivazione di pesche, albicocche e kiwi giallo, anche se alcuni ettari sono dedicati al grano e al mais».
Le pesa lavorare a 70 anni?
«Diciamo che se fossi più giovane sarebbe meglio. Soprattutto dopo l’operazione alla schiena ho dovuto ridurre gli sforzi, ma vado avanti. Una cosa è certa: per me andare in pensione significherebbe morire. Quindi vado avanti, finché ho le forze».
Quanto è difficile essere imprenditore agricolo in questo momento storico?
«È sempre stato un lavoro duro, dipende dal clima, dall’andamento del mercato. Io non mi posso lamentare, la produzione di frutta è altalenante ma l’ultimo anno è andato abbastanza bene, il maltempo ha ridotto la produzione di frutta nel nord Italia e quindi c’è stata maggiore domanda per il mercato laziale. Il kiwi verde invece risente della morìa che ha decimato le coltivazioni in tutta Italia, mentre quello giallo resiste e riusciamo ad avere buoni raccolti».
Chi fa questo mestiere non ha neanche un giorno libero…
«Prima, con la verdura, l’impegno era quotidiano. Ora che mi sono dedicato alla frutta e soprattutto in questo mese in cui si è concluso il raccolto, qualche giorno mi posso fermare. Ma solo qualche giorno: la campagna ha costante bisogno di attenzione e di presenza, non consente distrazioni. Ma come dicevo, ho sempre fatto questo nella vita, non mi pesa e, anzi, mi dà soddisfazioni. Non ci saprei stare in pensione».
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