«Di fronte a questa operazione di verità che ci è stata chiesta dal mondo del cinema, di fronte al fatto che Cinecittà è tornata a splendere, che il Centro sperimentale di fotografia è un’eccellenza riconosciuta che sta attraendo capitali e persone da tutto il mondo, c’è una minoranza rumorosa che si impadronisce perfino dei più alti luoghi delle istituzioni italiane, come il Quirinale, a cui deve andare sempre il nostro massimo rispetto per cianciare in solitudine, isolati…a chi mi riferisco? A Elio Germano». Non si è fatta attendere troppo la replica del ministro della Cultura Alessandro Giuli alle critiche mosse dall’attore Elio Germano durante la cerimonia al Quirinale per i David di Donatello. Al centro dello scontro, la riforma del tax credit per il cinema e il ruolo del ministero nella gestione del settore.
LA VICENDA
Durante la cerimonia al Quirinale, Elio Germano aveva dichiarato: «Meno male che c’è il presidente Mattarella, perché io ho fatto fatica ad ascoltare il rappresentante della cultura del nostro Paese». Germano aveva chiesto un confronto diretto tra il ministro e i rappresentanti del settore, lamentando un approccio distante dai reali problemi del cinema italiano. «Non voglio esprimere la mia opinione personale – aveva aggiunto –, ma sentire il ministro dire che va tutto bene, in modo così bizzarro, è stato fastidioso. Il cinema è davvero in crisi, e secondo noi per colpa del ministero». Germano aveva poi criticato la gestione delle nomine e degli investimenti pubblici: «Mi piacerebbe che, invece di piazzare i loro uomini nei posti chiave come fanno i clan, si preoccupassero di mettere persone competenti nei posti giusti». A sostegno delle sue parole erano intervenuti anche i deputati del Movimento 5 Stelle Gaetano Amato e Anna Laura Orrico, accusando il ministro di vantarsi di numeri gonfiati e di favorire le produzioni straniere, lasciando ai margini quelle italiane.
LA REPLICA
«Ci hanno descritti come i nemici giurati del cinema», ha detto Giuli da Firenze, durante l’evento “Spazio Cultura.
Valorizzare il passato, immaginare il futuro”, organizzato da Fratelli d’Italia. «Ma la riforma del tax credit – ha precisato – è nata su richiesta di tanti protagonisti del settore, piccoli, medi e grandi, che ci hanno chiesto di intervenire per porre fine a rendite e privilegi».
Il ministro ha accusato una “minoranza rumorosa” di monopolizzare il dibattito culturale e di attaccare il governo in modo ideologico. «Si sentono toccati nelle loro rendite da un’operazione verità che abbiamo messo in campo», ha detto, citando esplicitamente Germano: «C’è chi si impadronisce perfino del Quirinale per cianciare in solitudine». Parole che fanno riferimento all’intervento dell’attore romano, che aveva criticato apertamente la gestione della cultura da parte dell’esecutivo.
«È esistita una cultura di sinistra organica ma c’è stata anche una progressiva erosione. Avevano intellettuali e li hanno persi, si sono poi affidati agli influencer, ora gli sono rimasti i comici e basta», ha continuato il ministro nel suo intervento a Firenze a «Spazio Cultura. Valorizzare il passato, immaginare il futuro», organizzata dai gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia alla Camera ed al Senato.
«Ci hanno descritto come nemici giurati del cinema — ha aggiunto -, la riforma del tax credit mica l’abbiamo voluta noi perché ci siamo incapricciati che i soliti noti vivessero di rendita ma è il frutto di una denuncia dei protagonisti dell’industria culturale del cinema che hanno detto intervenite, basta con rendite e privilegi. Al mondo del cinema stiamo dando una riconfigurazione, scusa Geppi Cucciari se uso la parola riconfigurazione, e si sentono attaccati nelle loro rendite da questa operazione verità che ci è stata chiesta dal mondo del cinema»
Giuli ha difeso l’operato del ministero con i numeri: «Nel 2024 i musei e i parchi archeologici statali hanno registrato 60,8 milioni di visitatori, con un aumento del 5,4% rispetto al 2023. Gli introiti lordi sono stati di 382 milioni di euro, il 23% in più rispetto all’anno scorso, e il 50% in più rispetto al 2019, quando governavano gli «inquilini del privilegio»».
Nel suo intervento, il ministro ha ribadito la volontà di «governare la cultura da patrioti» e ha rivendicato la rappresentanza di un’Italia «vera, profonda», fino a poco tempo fa considerata «sottocultura antisistema».
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