Più difesa evitando di sconquassare i conti pubblici e senza intaccare il welfare. Vale a dire astenendosi dallo sforbiciare la sanità, l’istruzione, la previdenza e i servizi per trovare le risorse necessarie. Onorare gli impegni assunti in sede Nato — obiettivo un 5% tondo tondo in 10 anni — senza gravare su ospedali, scuole, trasporti pubblici e pensioni. Il ministro della Difesa Guido Crosetto, in audizione davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, cerca di rassicurare il Parlamento, dove, assieme al ministro agli Affari esteri Antonio Tajani, ieri ha fatto il punto sul vertice dell’Alleanza Atlantica all’Aia della settimana scorsa. Un summit destinato a restare alla storia per lo scatto di reni degli Alleati. Convinti, anche per via delle pressioni degli Usa a guida Trump, nel voler compiere un balzo in avanti decisivo nelle spese su sicurezza e difesa. Per l’Italia, e non solo, si tratta di uno sforzo titanico, ma a detta dei due ministri indispensabile. Tanto più alla luce della minaccia russa che incombe sull’Alleanza e che il titolare della Difesa proietta in Parlamento con un esempio che la dice lunga sui tempi che corrono. «Secondo le considerazioni dei nostri alleati europei — scandisce Crosetto — entro cinque anni la Russia potrebbe acquisire la capacità militare da minacciare il territorio dell’Alleanza. Mi ha colpito che la Svezia, tra i molti investimenti, ha messo in costruzione un cimitero che possa ospitare il 5% della sua popolazione». Stoccolma si porta avanti, convinta che la guerra stia per bussare alla sua porta, pronta a travalicarne e travolgerne i confini. Per Tajani, «il nuovo obiettivo del 5% del Pil è un passo coraggioso e necessario per proteggere la nostra libertà e i nostri valori, e per garantire maggiore sicurezza ai nostri cittadini». «La Nato è e resterà il fondamento della nostra sicurezza comune. Ma le dichiarazioni politiche da sole non bastano» e «a 80 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e a 35 anni dalla fine della Guerra Fredda, non possiamo più limitarci a essere protetti dagli Stati Uniti. L’Europa deve assumersi le proprie responsabilità», osserva il responsabile della Farnesina. Che, sulle modalità che l’Italia si darà per tagliare il traguardo, rassicura: l’obiettivo del 5% del Pil verrà centrato in maniera «graduale e compatibile con i vincoli di bilancio».
L’APPELLO
Ma «se c’è la necessità di spendere in Difesa», allora «bisogna farlo in modo intelligente», gli fa eco Crosetto, rivolgendo un appello alle opposizioni: «più persone ci sono a ragionarne più sono contento. Queste sono scelte da Paese. Si possono, con le scelte della Difesa, tracciare traiettorie di futuro per il Paese». Ne è convinta anche Giorgia Meloni, che martedì scorso a Palazzo Chigi ha convocato una riunione sul tema, «perché il problema — ha rimarcato con foga la premier — più che sul reperire le risorse, è su come investirle nel modo giusto. Su questo, non possiamo permetterci passi falsi o errori». Tanto più che, come rimarcato da Crosetto in audizione, «la spesa per la Difesa non è i missili: in Italia è al 40% di stipendi e pensioni. Solo il 23% sono investimenti, dove dentro però ci sono anche gli stipendi di Leonardo, Fincantieri… Quella spesa non sono armi con cui andiamo a bombardare». Il ministro è convinto che il grosso della spesa che l’Italia dovrà sostenere debba essere investito in ricerca e sviluppo. «Ma se io faccio ricerca e sviluppo sull’IA o sulla cyber, o sui robot umanoidi, per esempio, è già di fatto una tecnologia duale, non solo militare», osserva. Parole che non convincono l’opposizione, ferma nel puntare il dito sull’accordo stretto all’Aia. A replicare a muso duro ci pensa Giuseppe Conte, che interviene in Commissione con parole al vetriolo. «Venite qui a raccontarci che non ci saranno conseguenze per il nostro welfare. Ma perché prendete in giro gli italiani? Abbiamo 5,7 milioni di poveri e siamo in una situazione disastrosa. Sono 445 miliardi fra l’altro non in 10 ma su 9 anni, perché la prossima legge di bilancio ovviamente sarà fuori. Quindi i nostri statisti scaricano a futura memoria».
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