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non escludo la politica. Ius Scholae? Le priorità sono altre


«Io ho 56 anni, mio papà è sceso in politica che ne aveva 58… Non escludo che a un certo momento, una sfida tutta nuova possa tentarmi». Anche se subito dopo aggiunge che non c’è niente di definito (anzi «oggi non ne ho nessuna intenzione», ribadisce), l’uscita di Pier Silvio Berlusconi è di quelle che fanno rumore. L’amministratore delegato di Mediaset l’altra sera nei suoi studi di Cologno Monzese aveva appena finito di fare il punto sulla stagione e presentare i programmi che verranno. Poi, seduto come ama fare in mezzo ai giornalisti, piluccando parmigiano e carote, si lascia andare. E torna a commentare le voci di un suo prossimo impegno in politica. Stavolta, però, senza offrire smentite, ma con quello che a molti appare come un deciso passo in avanti. «Oggi no, ma guardando al futuro… perché no?».

Il presupposto: «Amo moltissimo il rapporto con le persone, quando le signore sbarcano a Portofino e mi baciano o mi dicono che guardano la mia televisione, a me piace, il rapporto con la gente, il calore e l’affetto che ricevo sono fondamentali. Così, spesso penso: che cosa posso fare per queste persone? Certo, la politica è tanta cosa…».

GLI ELOGI
Dell’attuale esecutivo, in realtà, per ora Berlusconi si dice più che soddisfatto. «Al di là della destra e della sinistra, oggi il nostro è uno dei migliori governi in Europa, e forse non solo, per concretezza e consapevolezza. Fa il massimo nell’interesse del Paese, e questo vale anche nel rapporto con Trump». Anche alla premier l’ad di Mediaset rivolge parole di miele. «Sta facendo un lavoro unico: donna, giovane, venuta da nulla, ha messo su il miglior governo d’Europa, con grande serietà, impegno e patriottismo, che è cosa diversa dal nazionalismo».

Quando le domande virano su Forza Italia e Antonio Tajani, invece, l’entusiasmo cala. Perché se «non è vero che io gli dia indicazioni su cosa fare», è vero anche che «gli sono molto affezionato, secondo me però farebbe bene a introdurre presenze nuove nel partito. Sia lui sia Gasparri vanno benissimo, ma servirebbe anche introdurre forze nuove, giovani. Bisogna che si formi una leadership, di cui la politica sente la mancanza». Insomma: bene Tajani, «menomale che c’è», ma «un vero leader deve saper guardare oltre se stesso». Servono «presenze nuove», è l’appello. Lo stop più netto, però, arriva sullo Ius scholae, la battaglia forzista per accelerare i tempi della cittadinanza ai figli degli stranieri. «Sono più contro che a favore», ammette il numero uno di Mediaset. «Sono favorevole al principio, ma non lo ritengo una priorità. Mi spiace per Tajani, perché so di dargli un colpetto. Sono più contro perché non è il momento, non mi sembra che sia tra le cinque priorità del Paese».

Parole che mandano in sollucchero Matteo Salvini, da sempre contrario al progetto. «Partita chiusa, tema archiviato», festeggia: «Se ne occuperà semmai la sinistra fra trent’anni se vincerà». E che invece fanno raggelare gli azzurri. Invece no: «Siamo in perfetta sintonia», incassa Tajani. «Anche io ho sempre detto che non è una priorità: la priorità è la giustizia, la sanità, i salari. La mia posizione non cambia», spiega. E la possibile discesa in campo di Berlusconi junior? «Magari», replica il vicepremier: «Dipende da lui. Se lo fa, con il nome che porta, è un’ottima cosa». Quanto alla richiesta di rinnovamento, si tratta di «stimoli giusti che condivido»: «Abbiamo un nuovo segretario dei giovani che va in televisione, stiamo facendo crescere la classe dirigente. Io guardo sempre avanti». Tanto più che, gli fa eco il portavoce nazionale Raffaele Nevi conversando con Il Messaggero, «Berlusconi parlava di ringiovanire il partito, non di rinnovare i vertici. E questo lo stiamo già facendo».

L’ADDIO
Se i forzisti a taccuini aperti non mostrano segni di fastidio, chi si inalbera per le parole di Berlusconi è Matteo Renzi. Che l’ad di Mediaset cita a proposito della necessità di occupare lo spazio, rimasto vuoto, tra destra e sinistra. Per l’ex premier «provo simpatia, è bravo, ma ha perso peso politico e credibilità elettorale». Un giudizio al quale il leader di Italia viva – convinto che l’affondo nei suoi confronti sia stato richiesto da Palazzo Chigi – replica annunciando l’addio a ogni collaborazione con Mondadori, la casa editrice della famiglia Berlusconi, con cui aveva pubblicato gli ultimi libri. «Non scambio la mia libertà per soldi». Un’eco che va ben oltre i palinsesti tv, quello delle parole del secondogenito del Cav. Il figlio a ricordarlo si commuove: «Oggi lo apprezzo più di prima. Avrebbe fatto di tutto per fermare la guerra in Ucraina e l’orrore a Gaza».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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