Stavolta Giorgia Meloni rinuncia all’interminabile viaggio a Kiev. E manca, dopo la foto leggendaria tra le navate di San Pietro, a un altro scatto che farà la Storia: quello dei volenterosi sul treno che li condurrà da Volodymyr Zelensky per strappare alla Russia una tregua di 30 giorni. In rete rimbalza la fotografia, che l’opposizione evoca a gran voce, del 16 giugno 2022, quando su quello stesso convoglio viaggiava per l’Italia Mario Draghi, al fianco di Olaf Scholz ed Emmanuel Macron. «Con la Meloni l’Italia si è persa: non siamo più nel gruppo di testa. I sovranisti fanno male al Paese», tuona sui social Matteo Renzi. A Palazzo Chigi si predica calma, consapevoli tuttavia di esser destinati a raccoglier tempesta. L’incontro, viene spiegato, doveva essere in videocall, poi alcuni leader hanno deciso di raggiungere Kiev. Non Meloni, che, invitata, ha preferito riprendere fiato e restare a Roma. «Come altri leader con lei: von der Leyen. Costa, Sanchez, solo per citarne alcuni… Non è che partecipare in remoto scalfisce il sostegno, gli sforzi che stiamo facendo per l’Ucraina. Solo qualche giorno fa, l’invio dell’undicesimo pacchetto d’aiuti a tre anni e tre mesi da una guerra che ci ha visti sempre al fianco di Kiev», fanno notare dallo staff della premier. Per lei, poi, «non contano le foto: se contassero qualcosa sarebbe a Kiev. L’importante è il contributo dell’Italia contro la guerra di aggressione russa». Ma al netto degli scatti, la presidente del Consiglio ieri ha mancato soprattutto la telefonata che i leader presenti — Keir Starmer, Friedrich Merz, Emmanuel Macron, Donald Tusk oltre al padrone di casa — hanno avuto con Donald Trump, per cercare di arrivare a una tregua incondizionata che dovrebbe partire da domani. Un piano in quattro punti — con l’avallo del tycoon — per forzare la Russia al tavolo della pace. La roadmap prevede un cessate il fuoco “totale», nei cieli, in mare e sulla terraferma, con un monitoraggio garantito dagli Usa. L’obiettivo resta quello di «raggiungere una pace giusta e duratura, che assicuri la sovranità e la sicurezza» dell’Ucraina, scrive Palazzo Chigi nella nota che accompagna la fine del summit. L’auspicio è che «la Russia risponda positivamente all’appello fatto dal Presidente Trump e dimostri concretamente, come già fatto dall’Ucraina, la volontà di costruire la pace». E l’Italia, rimarca con forza la premier, continua a fare il suo. Nel comunicato, viene rimarcato come nel «corso della discussione» tra i volenterosi «si sia anche ribadito l’importanza del grande appuntamento a sostegno di Kiev che verrà ospitato dall’Italia a luglio con la Conferenza a livello capi di stato e di Governo per la ricostruzione dell’Ucraina». Sotto traccia, parlando con chi è vicino alla premier, traspare una certa amarezza.
L’AMAREZZA
«L’anno scorso Macron non era a Kiev con gli altri leader del G7 — il ragionamento di Meloni con i suoi fedelissimi — eppure non è stato bollato come escluso, tacciato di contare poco o di voler abbandonare l’Ucraina. A Sanchez, in queste ore, pensate che sarà riservato lo stesso trattamento?». E’ chiaro «che nella foto era meglio esserci che non figurare — ammettono fonti vicine alla premier — così come spiace non aver preso parte alla telefonata con Trump. Ma quel che conta è la sostanza, e la sostanza premia Meloni». Nel corso del confronto, viene spiegato, sarebbe tornata con forza l’ipotesi di adottare il “lodo italiano” — estendere l’articolo 5 della Nato a Kiev — per puntellarne la sicurezza. «Sei mesi fa sembrava una proposta folle — fanno notare le stesse fonti — oggi nel corso della riunione tutti convenivano sulla necessità di portarla avanti, riconoscendone il merito a Giorgia». E anche «l’opzione “boots on the ground”, che l’aveva vista da sempre fermamente contraria, ha perso progressivamente quota. Questi i fatti, poi le foto. Parlare di isolamento fa ridere». Non la pensa così l’opposizione. Per Carlo Calenda «è francamente incomprensibile la decisione di Giorgia Meloni di non essere fisicamente presente», mentre Giuseppe Conte accusa la premier di aver «prima sbagliato tutto» sull’Ucraina e ora sia rimasta «a guardare le scelte degli altri o ascoltarli da remoto, collegata da Chigi in videoconferenza». Per il Pd, punge Filippo Sensi: «la nostra presidente del Consiglio è rimasta a casa, non si è unita agli altri leader europei al fianco dell’Ucraina, in presenza. Interverrà in videoconferenza. No. Non è lo stesso. Il posto dell’Italia è lì, non in panchina».
MALE NON FARE..
«Male non fare, paura non avere…», il motto che la premier ama ripetere spesso e a cui ricorre anche in queste ore. Convinta che nella conferenza di luglio, «quando capi di Stato e di governo confluiranno a Roma, mi prenderò la mia rivincita. Anche se preferisco non curarmi di loro…». Da via della Scrofa ricordano un precedente, quando — alla sua prima Assemblea delle Nazioni Unite — Meloni decise di mancare alla tradizionale cena di gala offerta dal Presidente Joe Biden ai leader presenti a New York per mangiare una pizza con la figlia e il suo staff. “Ecco, Giorgia è anche questo…”.
Ileana Sciarra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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