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In 15 anni chiuso il 71% delle edicole. «E la colpa non è soltanto di Internet»


Dal 2010 a oggi oltre sette edicole su dieci hanno chiuso battenti. L’allarme arriva da Sinagi, il sindacato nazionale giornalai d’Italia, secondo cui negli ultimi 15 anni in tutto il Paese siamo passati da oltre 38mila giornalai cosiddetti «esclusivi» (non considerando altri tipi di punti vendita, come bar o supermercati) a circa 11mila edicole.

Un calo che continua mese dopo mese, soprattutto nei piccoli centri. Anche perché, come denuncia Giuseppe Marchica, segretario generale di Sinagi, «il reddito medio di un’edicola oggi si aggira sui 900 euro: non stupisce quindi che quando il giornalaio va in pensione il chiosco chiuda senza che nessuno rilevi l’attività». A pesare, così, «non è solo la concorrenza di internet, ma sopratutto l’aumento dei costi e delle tasse a fronte di sempre minori entrate, e poi la burocrazia, la concentrazione del sistema distributivo e il minor numero di nuovi lanci e testate».

LE DIFFICOLTÀ
Secondo il sottosegretario all’Editoria, Alberto Barachini «le edicole sono un presidio di democrazia». Per questo il governo è intervenuto a giugno con un Dpcm destinando 17 milioni in aiuti a favore della rete di vendita della stampa. Le risorse andranno non solo alle edicole tradizionali (ampliando il bonus per gli esercenti), ma anche ai punti vendita non esclusivi e alla distribuzione nei territori locali. Si prova così a promuovere maggiormente la distribuzione nei piccoli comuni entro i 5mila abitanti. Sono poi stati stanziati oltre a 65 milioni per le società editrici. Gli edicolanti hanno accolto con favore i nuovi sostegni.

Secondo Marchica, però, «ora c’è bisogno di nuove regole condivise». «Per questo — aggiunge — chiediamo al dipartimento Editoria di avviare un tavolo unitario, con tutta la filiera (esercenti, distributori ed editori), così da trovare altre soluzioni per dare certezza al settore». Per smuovere le acque il sindacato pensa ad azioni rappresentative, anche per porre il problema in evidenza di fronte ai cittadini-clienti, che possono contribuire ad evitare la fine del settore, con una maggiore sensibilizzazione, ricorda Marchica, «sull’importanza di fornire un’informazione certificata a tutti». Secondo i dati raccolti dal sindacato i cali maggiori delle edicole si registrano in Toscana e nel Lazio, il cui presidente regionale Francesco Rocca lavora per interventi su 15 comuni del reatino rimasti senza alcun edicolante.

Anche perché, soprattutto nei piccoli centri, quando chiude un’edicola non è solo la fine di un esercizio commerciale qualunque, ma prima di tutto, sottolinea Marchica «la cancellazione di un punto di erogazione di servizi e di ritrovo sociale per le persone». A Roma, poi, è dovuto intervenire il Campidoglio per evitare la chiusura di 25 chioschi nel Centro storico.

I CONTRIBUTI
Il decreto del governo prevede per le edicole “pure” (quelle che vendono solo giornali e riviste) e “impure” un contributo fino a 4mila euro, pari al 60% delle spese sostenute nel 2024 tra tasse e spese. Alle imprese di distribuzione è riconosciuto un contributo di 800 euro per ogni comune sotto i 5mila abitanti in cui lavorano nel 2025. Cifra che vendita a mille euro invece se distribuiscono nei comuni dell’interno – sono quelli ad esempio della dorsale appenninica – che spesso soffrono di spopolamento o mancanza di servizi. A sostegno delle società editrici si prevede un contributo straordinario di 10 centesimi per ogni copia cartacea venduta nel 2023 «anche mediante abbonamento, in edicola o presso punti di vendita non esclusivi». Le modalità per accedere ai contributi saranno spiegate con un prossimo decreto.

In vista della Legge di Bilancio da scrivere in autunno, però, Confcommercio invita il governo a rendere strutturali queste le misure. «Serve continuità – ha spiegato Renato Russo, presidente di Snag Confcommercio – per rendere possibile un vero rilancio del settore. La rete di vendita della stampa ha bisogno di un quadro stabile di incentivi, per attrarre nuovi investimenti e agevolare il ricambio generazionale. Solo così potremo tornare a crescere e restituire forza al ruolo centrale delle edicole nella società».

 


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