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Nomine Ue, Meloni e von der Leyen sul filo. Conservatori distanti ma segnali di disgelo


Prove tecniche di disgelo. L’una apre. L’altra non chiude. È appesa a un filo la trattativa tra Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni. Domattina a Strasburgo Fratelli d’Italia voterà per il bis della popolare tedesca a capo della Commissione europea? A domanda, i ventiquattro europarlamentari di FdI alzano le spalle: «Noi aspettiamo ancora un cenno, decide lei». Lei, ovviamente, è la presidente del Consiglio. Che nelle ultime ore ha osservato con attenzione le manovre europee da Palazzo Chigi. Ha avuto contatti con von der Leyen e con la neo-eletta presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola.

LE POSIZIONI

Qualcosa si muove. Ieri mattina “Ursula” ha attraversato le forche caudine dei Conservatori e riformisti europei, la famiglia politica guidata da Meloni. Un’ora di colloquio per spiegare il programma dei prossimi cinque anni. Non ha convinto granché il rassemblement della destra meloniana in Ue, spaccato sul da farsi, tra delegazioni che hanno già deciso di bocciare Ursula, come i polacchi del Pis, altre decise a darle fiducia, è il caso dei cecoslovacchi. E infine gli equilibristi, fra cui i Fratelli d’Italia sbarcati in Europa.  Pensare che la tedesca ha provato a mettere in fila alcune delle parole d’ordine care ai Conservatori. Un esempio? L’immigrazione clandestina e la necessità di puntare sugli accordi con i Paesi africani per ridurre le partenze: un assist plateale a Meloni e al suo “Piano Mattei”.

Mentre sul Green deal le distanze restano: niente frenate sulla transizione ecologica, ha detto von der Leyen, fra gli sguardi perplessi, se non infastiditi della platea. È una zavorra a cui non può rinunciare: ha stretto un accordo anche con i Verdi e, numeri alla mano, non può permettersi di rinnegarlo alla vigilia del voto Ue. Il vero segnale però è arrivato nel pomeriggio, sempre a Strasburgo. Quando la prima plenaria del nuovo Europarlamento, lo stesso che ieri ha incoronato Metsola presidente per il secondo mandato di fila, ha eletto come vicepresidente Antonella Sberna, sorella d’Italia vicinissima ad Arianna Meloni così come alla timoniera del partito.

È la prima volta che un conservatore entra nella plancia di comando dell’Eurocamera — ieri Ecr ha incassato un’altra poltrona da vicepresidente eleggendo il lettone Roberts Zile — ed è un risultato raggiunto grazie al lavorio dei Popolari e del tandem Metsola-von der Leyen. I colonnelli della premier in Europa, Carlo Fidanza e Nicola Procaccini, esultano in una nota: «Si tratta di un importante riconoscimento per l’azione politica svolta da Fratelli d’Italia anche in ambito europeo». No, non è un dettaglio. Sberna è una fedelissima della “fiamma”, cresciuta a Viterbo, roccaforte storica di FdI. E la sua elezione dimostra che il cordone sanitario che tiene fuori dai giochi i “Patrioti” guidati da Le Pen, Salvini e Orban non riguarda Meloni e i Conservatori. Basta questo a sbloccare l’impasse? Forse no. Perché sullo sfondo scorre la vera trattativa, per ritagliare all’Italia un posto in pole position nella prossima Commissione europea. Segnali di schiarita, a dire il vero, arrivano anche su questo fronte. Chi ha parlato con Raffaele Fitto, ministro agli Affari europei e ormai candidato unico della premier a diventare Commissario, lo ha sentito fiducioso sui negoziati in corso.

I CONTATTI

Negli scambi degli ultimi giorni von der Leyen ha rassicurato Meloni. A Roma andrà un portafoglio di peso ed economico: il Bilancio con accorpate le deleghe al Pnrr e i fondi di Coesione è il primo indiziato. Probabile che in serbo ci sia anche una vicepresidenza — ieri “Ursula” ne ha promessa una con delega alla “sburocratizzazione” — ma non è detto che sia “esecutiva” come chiesto dalla premier italiana.

E qui si torna alla domanda iniziale: domani, nel segreto dell’urna, come andrà a finire? La verità è che Meloni deciderà all’ultimo minuto. Comunque vada, metterà in chiaro pubblicamente che il suo partito «non entrerà in maggioranza». Dal secondo voto liberi tutti: si deciderà sui singoli dossier. In attesa di una telefonata ufficiale con von der Leyen ieri sera la presidente del Consiglio ha sentito i suoi europarlamentari, riuniti in una cena di squadra a Strasburgo. I segnali che portano a un voto a favore per il bis della tedesca non sono pochi.

Come il pressing che monta da mondi esterni alla destra che guida il Paese. Le aziende, ad esempio: ieri Meloni ha ricevuto a Palazzo Chigi una delegazione dell’Ert (European round-table), associazione che riunisce i top manager delle aziende europee. Fra i presenti, l’ad di Eni Claudio Descalzi. Il messaggio fra le righe delle imprese è fin troppo chiaro: puntare sulle riforme europee e sulla stabilità. Cioè sulla continuità, perché far saltare il banco avrebbe un costo troppo alto. Meloni però, al solito, deciderà da sola. Ai suoi consiglieri ha confessato il timore di rimanere scoperta a destra, di fare una scelta su cui Salvini e i “patrioti” potrebbero montare il can can in Europa. Il piano B guarda all’astensione di FdI nell’aula di Strasburgo. Ursula ha ventiquattro ore per rompere gli indugi di Giorgia.

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