15.05.2025
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Politics

Nomine Ue, a Bruxelles scatta l’ora dei “pontieri”. Ma in aula asse tra Ppe e sovranisti


Tutto fermo, mentre si continua a tessere la tela negoziale. Nell’attesa dell’esito di quella che qualcuno, con una certa licenza poetica, chiama la riedizione della “guerra civile spagnola”. Cioè lo scontro totale con epicentro Madrid tra il governo socialista di Pedro Sánchez e l’opposizione popolare che tiene in ostaggio la candidatura di Teresa Ribera come vicepresidente esecutiva della Commissione europea, bloccando — in un perfetto stallo alla messicana — pure l’ok all’italiano Raffaele Fitto, a sua volta contestato per provenire da un partito esterno alla euro-maggioranza. A ostentare fiducia è la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola, convinta che ci sia «ancora tempo» perché la plenaria possa approvare l’intera Commissione von der Leyen-bis il 27 novembre. Cioè tra poco più di dieci giorni. E questo perché «i primi mesi di ogni legislatura sono sempre difficili», ma «prendiamo le nostre responsabilità sul serio se guardiamo a cosa sta succedendo intanto in giro per il mondo». Riferimento, ovviamente, velato al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca che preannuncia conseguenze per il sempre diviso alleato Ue. Intanto, la trattativa oggi farà tappa a Monaco di Baviera, dove il vicepremier Antonio Tajani — impegnato in una serie di incontri con la comunità italiana — vedrà Manfred Weber, gran capo del Ppe, il gruppo Ue di Forza Italia. Chi è vicino a lui dice che Tajani allontana i pessimismi, ma tiene puntati gli occhi su Madrid, in attesa dello show-down di mercoledì che vedrà Ribera, vicepremier uscente, riferire al Congresso sulla gestione dell’emergenza alluvione di Valencia. Già, perché per ora «non c’è stato alcun passo in avanti», spiegano fonti Ppe a Bruxelles. Che ancora prendono le misure delle effettive conseguenze dell’ultimatum inviato dai socialisti due giorni fa a proposito di una coalizione Ursula giunta al capolinea. La condizione per rimuovere il veto è nota: sottrarre la vicepresidenza esecutiva a Fitto, retrocedendolo a commissario semplice, e limitare il lotto dei numeri due da sei a cinque, con ruoli affidati soltanto agli esponenti di socialisti, liberali e popolari. Perché? Perché sono questi — a differenza dell’Ecr dove siede Fratelli d’Italia — i partner della euro-maggioranza che a luglio dissero sì al bis della tedesca.

L’APPUNTAMENTO DI MERCOLEDÌ
In ambienti liberali — dove prevale la prudenza e si invitano Ppe e S&D a riporre le armi — suggeriscono che alla fine una svolta non arriverà prima di mercoledì, giorno del passaggio parlamentare di Ribera in Spagna. Una convocazione richiesta dalla stessa esponente socialista, ma che ora viene usata in contropiede dai popolari. Se il Partido Popular chiede a Sánchez di sostituire Ribera con un altro nome, il Psoe ribatte che gli attacchi sono solo un modo per coprire le colpe del governatore valenciano Carlos Mazon, di centrodestra.

Non aiutano, intanto, le dinamiche brussellesi. Dove si è nuovamente materializzata la cosiddetta “maggioranza Venezuela” alternativa alle larghe intese targate von der Leyen. Ieri, in plenaria, i popolari del Ppe hanno ritrovato il soccorso dei deputati di destra ed estrema destra per votare, compatti, un provvedimento che mette nell’angolo gli alleati socialisti proprio nel momento di massima tensione tra i due principali gruppi d’Aula. L’occasione l’ha offerta il via libera al rinvio di un anno della stretta Ue sulla deforestazione: con 371 sì, 240 no e 30 astenuti, Ppe, conservatori di Ecr, Patrioti e sovranisti di Esn, insieme a una larga fetta di liberali, hanno congelato temporaneamente una delle misure del Green Deal. La linea morbida arriva in risposta — spiega l’Eurocamera — «alle preoccupazioni sull’impossibilità di rispettare pienamente le norme se queste fossero state applicate a partire dalla fine del 2024 come inizialmente previsto». Gli obblighi di controllo sulle proprie filiere prevedono, a carico delle imprese, la dimostrazione che i prodotti immessi nel mercato Ue — tra cui caffè, cacao, soia, olio di palma e legno — non siano legati all’attività di deforestazione nei Paesi da cui provengono.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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