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no a strutture parallele nel partito


Come gli Orsetti padani. O le Camicie verdi. Insomma: un’associazione da ricondurre sotto l’ombrello della Lega. Non autonoma, né alternativa al partito. Ma soprattutto che si occupi di «attività culturali», senza fare politica. Non è un processo a Roberto Vannacci, il consiglio federale leghista di ieri. Ma nella riunione del Carroccio, convocata a Milano nella storica sede di via Bellerio e andata avanti per tre ore – ufficialmente per fare il punto sulla manovra e serrare i ranghi in vista delle sfida in Veneto, Puglia e Campania – l’altolà arriva comunque forte e chiaro. Se non direttamente al generale, assurto al grado di vicesegretario sull’onda delle oltre 500mila alle Europee di un anno fa, di certo ai suoi “Team”, i gruppi di sostenitori dell’autore del “Mondo al contrario” che spuntano come funghi lungo tutto lo Stivale. Muovendosi, almeno finora, in totale autonomia, e per questo motivo visti con sospetto da molti nella vecchia guardia del Carroccio.

Un modello, quello dell’organizzazione «parallela» (e potenzialmente «ostile» alla Lega, almeno secondo alcuni tra i detrattori dell’ex parà) che ora dovrà cambiare. E a sposare la richiesta, già avanzata da parecchi tra i maggiorenti del Carroccio, per la prima volta è anche Matteo Salvini. Che pur senza fare riferimenti espliciti al generale, raccontano, avrebbe tracciato per i Team una sorta di linea rossa. La stessa ribadita al termine dell’incontro nel comunicato diffuso da fonti leghiste: «Sono benvenute tutte le realtà e le associazioni che possono affiancare la Lega – si legge – a patto che non siano una realtà politica alternativa». Tradotto: stop a velleità di creare un partito nel partito, se mai ce ne fossero state. I Team del generale dovranno limitarsi a svolgere attività culturali. E non potranno chiedere candidature. Se non è un ridimensionamento, poco ci manca. Di certo è il segnale che molti chiedevano, nella vecchia guardia. Specie dopo il flop della Lega in Toscana, dove il partito affidato alle cure dell’ex parà si è fermato al 4,38%, incassando un unico eletto (il portavoce dei Team Massimiliano Simoni). Nulla contro il generale insomma, ma «la Lega è una sola», il messaggio consegnato al federale da un esponente del Nord come Attilio Fontana. Gli stessi toni usati a taccuini chiusi da altri big dopo la riunione. «Nessuno mette in dubbio il suo apporto, ma le regole valgono per tutti».

IL CLIMA
L’aria, in ogni caso, non è da resa dei conti. Anzi: è lo stesso Salvini a stemperare le polemiche, chiedendo a tutti di lavorare a testa bassa per incassare i «migliori risultati di sempre» in Campania e Puglia e «arrivare primi» in Veneto, davanti a FdI, oltre a «confermarci seconda forza del centrodestra» e «superare i grillini» a livello nazionale. Senza drammatizzare l’esito della sfida in Toscana, dove «sicuramente sono stati commessi errori – ammette il segretario in mattinata a margine di un evento a Milano –, non da un singolo ma da una squadra. Le vittorie non hanno mai solo un padre come le sconfitte». E dunque «altro che resa dei conti», è la chiosa del Capitano: «Quelli pubblici sono gli unici conti a cui io e tutta la Lega stiamo lavorando».

Qualche scintilla in realtà sulla débacle toscana si sarebbe registrata. Con Susanna Ceccardi che, pur senza citare Vannacci (assente causa plenaria a Strasburgo e non collegato), ha ricordato i 250mila voti persi dal centrodestra rispetto alle ultime regionali, quando la candidata era lei. Un esito in contrasto con gli «ottimi risultati» incassati invece tra Marche, Valle d’Aosta e soprattutto Calabria (mentre si festeggia pure l’aumento degli iscritti in molte regioni come il Lazio, dove «per la prima volta si supererà quota 10mila»). Ora però gli occhi sono tutti puntati sul Veneto. E non è un caso che il vertice si apra con l’applauso a Luca Zaia e Alberto Stefani, entrambi collegati da remoto, con quest’ultimo che «potrà diventare il governatore più giovane d’Italia».

Il “doge”, invece, non lesina qualche stoccata agli alleati, additati come responsabili del veto su una sua lista personale e sul suo nome nel simbolo leghista. Ma in ogni caso conferma il suo impegno come capolista e ironizza sul suo futuro: «Dopo il voto? Vado in Spagna a vedere se trovo un cavallo da comprare». Mentre Massimiliano Romeo ribadisce la richiesta messa a verbale dal direttivo lombardo: il Pirellone resti alla Lega. Occhi puntati, infine, sulla grande piazza leghista del 14 febbraio a Milano a difesa dei valori occidentali. Così come sulle prossime partite, a cominciare da una proposta sul tema immigrazione. Il contenuto? Stretta sui centri islamici e ricongiungimenti familiari, oltre a un nuovo permesso di soggiorno a punti «per espellere chi commette reati».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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