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«Niente truppe, aiuteremo Kiev con lo sminamento». E chiude il caso Macron


La Farnesina illuminata di giallo e blu, i colori della bandiera ucraina. Le due tinte che per una notte vengono proiettate anche sul Colosseo, per ricordare nel giorno dell’indipendenza di Kiev che l’Italia è al suo fianco. Antonio Tajani arriva al meeting di Rimini dopo giornate sull’ottovolante. A complicare il quadro l’incidente diplomatico con Parigi dopo le parole al vetriolo scagliate da Salvini contro Macron. L’ennesima grana con l’Eliseo piantata dal leader leghista e che il segretario azzurro ha faticato a mandar giù. Incidente chiuso, è il messaggio che Tajani consegna ai cronisti. Camicia bianca e volto stanco, nonostante il filo di abbronzatura, il ministro degli Esteri assicura che «non c’è nessuna crisi diplomatica con la Francia. Con Barrot», il suo omologo parigino, «mi sono parlato a lungo, abbiamo preparato il G7». Detto ciò, il titolare della Farnesina torna a puntellare i ruoli, come il suo partito ha tenuto a fare prima di lui in questi giorni di turbolenze. «Mi pare sia giusto ricordare che le relazioni di politica estera le tengono presidente del Consiglio e ministro degli Esteri e i colloqui» sulla rotta Roma-Parigi, vuoi di Meloni con Macron o dello stesso Tajani con Barrot, «sono frequenti». Quanto ai toni usati dall’altro vicepremier, Tajani, pur assicurando che «non c’è nessuna schermaglia» perché «ognuno è libero di dire ciò che pensa», si toglie un sassolino dalla scarpa: «Se si vogliono ottenere dei risultati bisogna puntare sulle idee, anche quando ci sono delle differenze. Non è che con gli amici europei abbiamo sempre la stessa idea, ma secondo me si ottengono successi con la forza delle idee piuttosto che con la violenza delle parole». Tajani tenta comunque di chiudere il caso, ma ci pensa la Lega a mantenere alta la tensione. Con via Bellerio che rintuzza anziché smorzare. «La schiettezza che contraddistingue noi della Lega può sembrare a volte ruvida, ma spesso si è rivelata proprio la voce della ragione» è il messaggio che Romeo, capogruppo al Senato, affida ai social: «Meglio essere chiari oggi che avere pantani militari domani e Salvini lo ha ribadito nettamente: l’Italia non deve farsi trascinare in ipotesi di invio di soldati in Ucraina». Ma che di spedire italiani al fronte non se ne parla, questo lo aveva messo in chiaro anche Tajani, sempre dall’appuntamento di Rimini. Pur rimarcando l’impegno in prima linea del nostro Paese per arrivare a far tacere le armi. Non solo attraverso il “lodo italiano”, vale a dire la proposta di un articolo 5 della Nato rivisitato e ristretto, rispetto al quale «si stanno facendo dei passi in avanti», assicura. Ma anche mettendo sul tavolo altre proposte, come quella che il leader di Fi avanza all’appuntamento di Cl: «Noi non siamo per inviare truppe, ma potremmo dare un contributo importante vista la grande esperienza che abbiamo per lo sminamento, sia marittimo che terrestre». È un tema, considerando che, dopo tre anni e mezzo di guerra, l’Ucraina è il Paese più minato al mondo.

2 MILIONI DI ETTARI MINATI

Si stima che circa 2 milioni di ettari di terreni agricoli siano minacciati da ordigni esplosivi di ogni tipo. Tra questi le mine anticarro, capaci di distruggere veicoli militari, e le mine antiuomo, su cui saltano soprattutto civili, a cominciare da donne e bambini. Tra le più insidiose c’è la PFM-1, una mina antiuomo potentissima e largamente impiegata dalla Russia. Difficile da individuare per la sua forma insolita e i colori mimetici, è capace di esplodere con una pressione di appena 5 kg e in grado di rimanere nascosta per anni, generando l’inferno anche a conflitto finito da un pezzo. La guerra inoltre va avanti, con le bombe che continuano a piovere sull’Ucraina e le mine ad esser disseminate. «Si era accesa una luce in fondo al tunnel, ma il tunnel era ancora lungo da percorrere — ammette Tajani — Noi faremo di tutto perché si possa arrivare a un accordo, perché ci possa essere un confronto diretto fra Zelensky e Putin». Obiettivo «costruire la pace: in questo momento siamo tutti impegnati per questo» e «bisogna non demordere. Dobbiamo andare avanti, lavorare perché poi quando ci sono delle idee giuste vanno difese, bisogna combattere per loro. Ci vorrà tempo, ma alla fine vincerà la pace». Che in Ucraina come in Medio Oriente sembra distante anni luce. Magari a Meloni andrà meglio quando, rientrando dalla Puglia, dovrà mediare tra i suoi due alleati.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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