Nello spazio le ferite guariscono più lentamente: lo indicano irisultati di un esperimento internazionale coordinato dall’Italia, con l’Università di Firenze e la partecipazione altre università e di aziende italiane, presentati a Milano, nel congresso internazionale di astronautica Iac24.
Nell’esperimento, chiamato «Suture in Space» sono stati analizzati modelli di ferite suturate sviluppati a partire da campioni di tessuti biologici, inviati due anni fa sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss), dove sono rimasti nove giorni prima di essere riportati sulla Terra e analizzati. Lo rende noto l’Università di Firenze.
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Lo studio sullo ferite nello spazio
«Il processo di riparazione dei tessuti è alterato rispetto a quello che avviene sulla Terra», si legge nella nota.
Complessivamente la ricerca è durata sette anni dalla fase di progettazione all’analisi dei risultati. E’ stata guidata da Monica Monici, del Laboratorio congiunto Asacampus per la Biologia degli stress fisici realizzato dal dipartimento di Scienze biomediche sperimentali ecCliniche dell’Università di Firenze e dalla divisione Ricerca di Asa di Arcugnano (Vicenza), un’azienda leader nella produzione di sistemi laser per applicazioni mediche. La ricerca, selezionata dall’Agenzia Spaziale Europea e finanziata dall’Agenzia Spaziale Italiana, ha coinvolto l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi.
«Tutti i campioni biologici — osserva Monici — sono stati divisi e condivisi con i diversi gruppi di ricerca italiani ed europei coinvolti nel progetto. Ciascuno ha effettuato sulle porzioni di tessuto analisi specifiche i cui dati sono stati raccolti ed elaborati per ottenere un quadro d’insieme dei risultati». «Gli esiti dell’esperimento, in prima battuta, hanno confermato quello che altre ricerche, svolte preliminarmente, avevano già suggerito: il processo di guarigione delle ferite nello spazio è ritardato e alterato rispetto a Terra. Uno degli obiettivi principali del progetto — conclude — era quello di ottenere informazioni sulla fase di rimodellamento dei tessuti durante il processo di guarigione delle ferite».
I risultati
«I risultati ottenuti — ha detto ancora Monici — dimostrano che nello spazio ci sono importanti cambiamenti nei rapporti quantitativi tra le varie componenti della matrice extracellulare, che si riflettono anche sulle sue proprietà meccaniche. La matrice extracellulare è la componente non cellulare dei tessuti e non solo è un supporto strutturale per le cellule, ma trasmette loro stimoli biochimici e meccanici, quindi svolge ruoli di primaria importanza. Inoltre, si sono osservate alterazioni riguardanti l’attivazione di popolazioni cellulari coinvolte nel processo di guarigione delle ferite, come i fibroblasti e i cheratinociti». Nella prima fase del progetto, sono stati sviluppati dei modelli di ferite suturate basati su colture ex vivo di tessuti umani, cute e vasi sanguigni. Il tutto grazie allo sviluppo di una tecnica di coltura che ne preservava la vitalità per oltre quattro settimane, attività è stata svolta in collaborazione con chirurghi dell’Aou Careggi e del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze.
I campioni biologici sono partiti nel novembre 2022 a bordo di SpX 26 (Cargo Dragon 2) da Cape Canaveral per raggiungere la Stazione Spaziale. La missione dei ricercatori al Ksc, al fine di preparare i campioni per il lancio, è stata sponsorizzata da Revée (Torino). A bordo dell’Iss i campioni biologici sono stati inseriti in un incubatore alla temperatura di 32 gradi. Dopo quattro giorni la metà sono stati congelati a meno 80 gradi e l’altra metà ha avuto lo stesso trattamento dopo nove giorni. L’hardware che ha permesso di svolgere l’esperimento è stato realizzato dalle aziende Kayser Italia di Livorno e Ohb di Brema. Nella seconda fase, con la collaborazione degli altri partner del progetto (Università di Milano, di Siena, di Molise, di Amsterdam, di Aarhus e di Lucerna), si è proceduto all’analisi dei campioni.
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