Persi dna e ceneri di defunti (persone e animali), 166 capsule sono andate perdute nell’oceano. L’incidente è avvenuto su una navicella spaziale in un volo commemorativo della società texana Celestis, pioniera nei servizi di sepoltura nello spazio.
Il volo
La navicella «Mission Possibile» del produttore privato europeo The Exploration Company era partita per un volo di prova lo scorso 23 giugno dalla Vandenberg Space Force Base in California grazie alla missione condivisa Transporter-14 di SpaceX. Su Linkedin veniva fatto notare come «La nostra navetta spaziale Mission Possible ha ottenuto un successo parziale. La capsula è stata lanciata con successo, ha alimentato i payload nominalmente in orbita, si è stabilizzata dopo la separazione dal lanciatore, è rientrata e ha ristabilito la comunicazione dopo un blackout. Tuttavia, in base alle nostre attuali conoscenze, ha riscontrato un problema in seguito e abbiamo perso la comunicazione pochi minuti prima dell’ammaraggio».
L’incidente
L’anomalia che si è verificata durante il rientro, probabilmente un guasto al sistema di paracadute, ha causato l’impatto del veicolo nell’Oceano Pacifico e la dispersione del suo contenuto in mare, comprese le 166 capsule con i resti di defunti lanciati in orbita per un ultimo saluto nel cosmo (con un costo base attorno ai 5mila dollari). La società Celestis ritiene di non poterle recuperare e comunica in una nota che offrirà supporto alle famiglie dei defunti. L’imprevisto rappresenta un’importante battuta d’arresto, perché Mission Possible mirava a testare non solo le tecnologie di rientro, ma anche tutte le tecnologie necessarie per Nyx, il veicolo spaziale riutilizzabile che l’azienda sta sviluppando per il trasporto di merci, e potenzialmente equipaggi, da e verso l’orbita terrestre bassa.
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