24.05.2025
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Mummia urlante, svelato il volto da viva della donna egiziana morta urlando di agonia 3.500 anni fa


Giovane e di bell’aspetto. Per la prima volta, dopo 3.500 anni, è possibile vedere il «vero» volto dell’antica mummia egizia, morta presumibilmente urlando di agonia. Cicero Moraes, esperto di grafica brasiliano, ha ricostruito infatti le sembianza della mummia ritrovata nel 1935 a Deir Elbahari, in Egitto, nella tomba di famiglia dell’architetto reale Senmut. Il risultato sorprendente, raggiunto grazie alla combinazione di diversi approcci, è un «volto gradevole», come lo definisce Moraes. Le immagini e la descrizione del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista OrtogOnLineMag.

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«Ho utilizzato una tecnica che combina elementi delle scuole tradizionali di ricostruzione facciale con nuovi approcci basati sui dati di scansione TC di persone viventi», spiega l’esperto. «Queste proiezioni ci permettono di scoprire i limiti spaziali di strutture come l’orecchio, gli occhi, il naso, la bocca e simili. Inoltre, alcune strutture — continua — vengono tracciate anche di profilo, come il naso e la faccia laterale. I dati sono stati completati dalla tecnica di deformazione anatomica, in cui la testa di un donatore digitale virtuale viene adattata al cranio per creare un’approssimazione. In genere, esiste una compatibilità tra tutti i dati, con piccole differenze, quindi il risultato finale è un’interpolazione di tutte le informazioni»

Le versioni del volto

Da quando è stata rinvenuta, la mummia urlante ha suscitato un gran curiosità. Molti gli elementi insoliti e contrastanti. A differenza di altre mummie, ad esempio, i suoi organi furono lasciati all’interno, tanto che per lungo tempo si pensò che la sua bocca fosse stata lasciata aperta da imbalsamatori poco attenti.

Ma dopo che uno studio recente ha rivelato che la causa della sua espressione contorta dipendesse dall’aver subito una morte dolorosa, gli scienziati hanno deciso di ricostruire il suo volto «da viva». Moraes ha creato diverse versioni del volto. Una è oggettiva, con gli occhi chiusi e in scala di grigi, per evitare di esprimere giudizi sul tono della pelle o sul colore degli occhi. Un’altra è più soggettiva e mostra la donna come sarebbe potuta apparire in vita, a colori, con indosso la parrucca con cui fu sepolta. E una terza cattura il suo urlo, rivelando come avrebbe potuto apparire quando fu sepolta per la prima volta. Moraes sa che la scelta del tono della pelle potrebbe rivelarsi controversa nelle ultime rappresentazioni. «La questione del colore della pelle degli antichi egizi è fonte di molte controversie, con una discussione che si sposta dall’ambito scientifico a quello culturale e politico», dice Moraes. «Per evitare questi problemi, ho cercato un approccio basato su pubblicazioni sull’argomento, dati raccolti da studi su gruppi locali e sull’arte egizia antica», aggiunge. 

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Il mistero dell’espressione «urlante»

Sahar Saleem dell’Università del Cairo, autrice principale del recente studio sulla Donna urlante, ha attribuito l’espressione di dolore della mummia a uno spasmo cadaverico. «È stata imbalsamata con costosi materiali per l’imbalsamazione importati», afferma Saleem. «Questo, insieme all’aspetto ben conservato della mummia, contraddice la credenza tradizionale secondo cui la mancata rimozione degli organi interni implicava una mummificazione scadente. L’espressione facciale urlante della mummia in questo studio — continua — potrebbe essere interpretata come uno spasmo cadaverico, il che implica che la donna sia morta urlando di agonia o dolore». Questa donna urlante mummificata è una vera e propria «capsula del tempo» del modo in cui morì e svela alcuni dei segreti della mummificazione. La causa della sua dolorosa morte, tuttavia, non è nota. Utilizzando la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier sui resti, Saleem e i suoi colleghi hanno scoperto che il corpo è stato imbalsamato con ginepro e incenso. Si tratta di ingredienti costosi: il ginepro veniva importato dal Mediterraneo orientale, l’incenso dall’Africa orientale o dall’Arabia meridionale. La mummia indossava anche una parrucca fatta di fibre di palma da datteri, trattate con cristalli di quarzo, magnetite e albite. Secondo i ricercatori, questo serviva probabilmente a irrigidire i capelli e a renderli neri, un colore che gli antichi Egizi ritenevano rappresentasse la giovinezza. 

Le origini

«Gli appunti degli scavi menzionano che indossava due anelli con scarabei di diaspro incastonati rispettivamente in oro e argento», spiega Saleem. «Il materiale utilizzato per questi amuleti e gioielli denota la ricchezza e lo status socio-economico della persona», aggiunge La bara della donna non la identificava per nome, ma il suo luogo di sepoltura, vicino al tempio funerario del grande faraone Hatshepsut, offre un indizio. Fu sepolta insieme ai genitori di Senmut, sovrintendente dei lavori reali e architetto del tempio, che si dice fosse l’amante del faraone. «Probabilmente era una parente stretta di Senmut e avrebbe condiviso il luogo di riposo eterno con i suoi genitori», ipotizza Saleem. Moraes ha elogiato il lavoro di Saleem e della sua coautrice, Samia El-Merghani del Ministero egiziano del turismo e delle antichità. «Mi piacciono molto due cose: leggere articoli scientifici e scriverli», dice Moraes. «Ho avuto l’opportunità di leggere l’articolo pubblicato da Saleem & El-Merghani, che hanno fornito i dati dettagliati della scoperta, con licenza Creative Commons. Ho deciso — conclude — di fare la mia parte dando un volto alla scoperta».

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