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«Minacce da Mosca, una guerra di parole. Subito garanzie per Kiev? Sì, le armi»


dalla nostra inviata
C’era anche Giampiero Massolo, già ambasciatore e presidente di Mundys, nella platea di imprenditori e politici in ascolto di Volodymyr Zelensky ieri. Un intervento fatto a distanza, in apertura della 51esima edizione del Forum Ambrosetti di Cernobbio, nel corso del quale il leader ucraino ha avanzato la richiesta di garanzie di sicurezza che scattino subito. Mentre da Mosca Vladimir Putin faceva sapere di considerare un «obiettivo legittimo» l’attacco di qualsiasi forza militare presente sul territorio ucraino.
Il presidente Zelensky ha definito il vertice dei volenterosi di giovedì un «incontro proficuo». Si è più vicini a un punto di svolta?
«Non direi, perché Putin non vuole che la guerra finisca, o meglio, ritiene che debba finire alle sue condizioni che sono quelle di un’Ucraina neutrale, non parte dell’Occidente, e in condizioni tali da rendere collettivamente l’Europa più insicura. Questo, ovviamente, non può essere consentito, non è nel nostro interesse di europei e credo sia stato un bene cercare di mantenere un legame tra Europa e Stati Uniti. Le garanzie, da questo punto di vista, sono essenziali perché consentono a Zelensky di contribuire alla definizione di ipotesi che, all’esito della guerra, garantiscano che Putin non tenti in futuro una nuova offensiva. Comportano, quindi, deterrenza»
Alcune garanzie possono partire mentre la guerra è ancora in corso, come chiede il leader ucraino?
«Dipende a quali garanzie si fa riferimento. Queste possono avere tre forme: la prima è immediata ed è l’armamento, poi c’è una forma di «forza di garanzia» che può scattare solo al termine del conflitto — ma non è dato sapere come verrà strutturata — e, alla fine, una garanzia più ampia di tipo pattizio. La prima garanzia ha a che vedere con il riarmo e il contributo a rendere l’Ucraina più forte. Si tratta della garanzia che può partire fin da subito ed è la più «forte» perché mira a potenziarla. Il riarmo dell’Ucraina, in sostanza, è possibile fin d’ora e credo che a questo si riferisca il presidente Zelensky».
Alla fine per l’Europa sarà necessario mandare anche uomini sul terreno?
«Non necessariamente, ci sarà una componente di uomini, certo, ma anche una componente aerea, affiancata da una marittima e di addestramento. Ciascuno dei ventisei paesi che sono pronti a partecipare a questo tipo di garanzie graduerà e modulerà il suo contributo a seconda di quello che potrà dare».
L’Italia si è proposta per il monitoraggio del cessate il fuoco e dell’addestramento fuori confine..
«La proposta del governo italiano è anche quella di prevedere un sistema più generalizzato di garanzie, direi attraverso un accordo di sicurezza collettivo. Una tema, quello di una più ampia di garanzia pattizia che, prima o poi, andrà posto».
Zelensky fa appello al Sud globale, ma nel frattempo, la Cina finanzia la Russia.
«L’appello va in questa direzione: far partecipare il Sud allo sforzo collettivo della comunità internazionale, facendo pressione sulla Russia e sulla Cina, affinché il conflitto abbia un esito».
Ma è possibile? Sembra che, al contrario, sia in corso un avvicinamento…
«Forse non in questa fase, ma questo non ci deve far demordere».
Putin ha detto di considerare legittimo l’attacco a forze militari presenti nel terreno ucraino. Eventuali truppe schierate dai volenterosi, in futuro, potrebbero diventare un obiettivo del Cremlino?
«Esiste la guerra sul terreno, certo, ma esiste anche una guerra delle parole. Nel momento in cui l’Europa mostra compattezza, ancorando a sé l’America — Trump ha detto che supporterà l’iniziativa dei volenterosi è assolutamente ovvio che Putin reagisca facendo la guerra delle parole.
Tutti sanno che prima che si arrivi a una decisione sulle truppe sul terreno dovrà finire la guerra, o esserci il cessate il fuoco. Quindi un conto è prepararsi, un altro, mettere in pratica tutto questo».
Gli ultimi sviluppi potrebbero complicare, ulteriormente, il ruolo di mediazione di Trump nei confronti di Putin?
«In questo momento non ci sono le condizioni per nessun negoziato serio. Non mi sembra che sia in vista la fine del conflitto oppure il cessate il fuoco».

Valentina Pigliautile


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