I magistrati — in un documento approvato dal parlamentino dell’Anm — si dicono gravemente preoccupati per l’impatto che potranno avere due misure del decreto flussi «sull’organizzazione degli uffici giudiziari, sulla loro capacità di mantenere un accettabile grado di efficienza del servizio». Nel mirino ci sono la reintroduzione del reclamo in Corte di appello contro i provvedimenti dei tribunali sui richiedenti asilo e l’emendamento al decreto flussi che attribuisce la competenza sulla convalida dei trattenimenti alle Corti di appello.
Secondo le toghe, «il ritorno al doppio grado di merito metterà in ginocchio le Corti territoriali, compromettendo irreversibilmente la loro capacità di centrare gli obiettivi imposti dal Pnrr». Inoltre, «l’inserimento di un nuovo grado di impugnazione allungherà inoltre l’iter d’accertamento dello status dell’immigrato e determinerà il rischio di una permanenza maggiore in Italia di chi potrebbe non avere diritto a soggiornarvi». E ancora: «Non è dato comprendere il senso dello spostamento di competenza: quel che può ipotizzarsi è che sia conseguenza delle decisioni assunte da alcune sezioni specializzate ed aspramente criticate da vari esponenti politici».
Il documento
Il Comitato direttivo centrale ha così invitato il ministro della Giustizia «ad adoperarsi per scongiurare il rischio di un irragionevole aggravamento della già fragile struttura organizzativa delle Corti di appello, al fine di non condannare al fallimento lo straordinario impegno degli uffici giudiziari per il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr».
In conclusione, i magistrati hanno sottoscritto senza alcuna distinzione tra le correnti un altro documento sugli attacchi subiti recentemente: «Nell’ultimo periodo abbiamo assistito da parte di una certa politica ad attacchi sempre più frequenti a provvedimenti resi da magistrati italiani nell’esercizio delle loro funzioni giurisdizionali, criticati non per il loro contenuto tecnico-giuridico, ma perché sgraditi all’indirizzo politico della maggioranza governativa. A questi attacchi sono seguite operazioni di indebita ricostruzione della vita privata dei magistrati autori di quelle decisioni finalizzate a selezionare e rendere pubbliche scelte personali ritenute correlate ai provvedimenti adottati. Sostenere, senza alcun fondamento, che un magistrato ha adottato un provvedimento per perseguire finalità diverse da quelle proprie dell’esercizio della giurisdizione è un’accusa grave che non può più essere tollerata». Per queste ragioni, i magistrati invitano «ogni attore politico al rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri e di autonomia e indipendenza dell’ordine giurisdizionale».
La replica
Pronta la replica la Lega: «Rassicuriamo la Anm: per screditare la magistratura, basta la magistratura che blocca le espulsioni dei clandestini delinquenti, libera gli spacciatori per errore, va in piazza contro il governo, chiede la galera per Matteo Salvini perché ‘ha ragione ma va attaccato’. Per invertire la tendenza, basterebbe iniziare dalle cose più banali. Per esempio: meno convegni e più lavoro».
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