Il Tribunale di Roma ieri ha deciso che i 12 migranti portati nella struttura a Gjade devono essere portati in Italia. Anche se la loro domanda di asilo è stata già respinta e anche se l’Italia ha stipulato un accordo ad hoc con l’Albania per la gestione dei migranti irregolari. I giudici dicono che i 12 stranieri hanno il diritto di stare in Italia, di circolare liberi sul territorio nazionale, senza poter uscire dall’italia, con un permesso provvisorio di sei mesi che attesta la loro richiesta di asilo.
Cosa significa l’ordinanza del Tribunale e perché rimandano i migranti in Italia?
Vediamo cosa hanno scritto nelle 12 ordinanze fotocopia i magistrati. Si legge che «il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi, equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane, è dovuto all’ impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia». Significa che le frontiere albanesi non possono essere considerate come le frontiere italiane, entro le quali vanno riportati i migranti. E significa anche che la procedura di espulsione non può essere attuata per i presupposti fallaci legati al «Paese non sicuro» di provenienza. Le leggi europee infatti non riconoscono «Paesi sicuri» quelli di provenienza dei migranti. L’italia li considera, invece, sicuri semplicemente perché li ha messi in un elenco aggiornato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio 2024.
I giudici romani quando dicono che Egitto e Bangladesh non sono Paesi sicuri fanno riferimento a una sentenza della Corte europea (che ha un rango superiore) e che fissa i paletti su cosa sia, e non sia, un Paese sicuro. Cosa significa, dunque, l’ordinanza del Tribunale di Roma e perché rimandano i migranti in Italia? Significa che i tribunali potranno sempre esprimersi per dichiarare i Paesi da cui provengono i migranti «Paesi non sicuri» ostacolando di fatto il rimpatrio e mettendo fuori gioco la struttura nuova di zecca, da tremila posti, costruita in Albania che costerà a regime centinaia di milioni di euro l’anno.
Ecco perché si è infuocato lo scontro politico ieri: perché da una parte c’è un governo che vuole portare avanti dei provvedimenti politici e amministrativi mentre dall’altra parte c’è un’opposizione che denuncia le violazioni sfruttando i rilievi dei giudici.
Il governo, lunedì, metterà a punto una nuova strategia per superare l’impasse. Una delle strade è la possibilità di fare appello contro le ordinanze del tribunale. Ma anche una parte dei Paesi europei sta cambiando approccio politico e quindi potrebbe cambiare le norme comunitarie considerando eccezioni territoriali per i «Paesi non sicuri». Un modo per rifiutare in modo più veloce le richieste di asilo e blindare le frontiere europee.
Albania, i migranti trasferiti rientrano su una motovedetta a Bari. Nordio: «Se la magistratura esonda dobbiamo intervenire»
Stop ai migranti in Albania, Meloni: «Pregiudizi, giudici contro di noi»
Cosa dice la sentenza della Corte Ue sui Paesi sicuri
Migranti Albania, cosa farà il governo ora? La norma per stabilire quali sono i Paesi sicuri e il sospetto di una regia dietro gli attacchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il punto del direttore, ogni Lunedì alle 17
Iscriviti e ricevi le notizie via email