Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Technology «Per un turno prendo 950 euro e guadagno più di un primario. Lavoro due volte la settimana»
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«Per un turno prendo 950 euro e guadagno più di un primario. Lavoro due volte la settimana»


«Guadagno più di un primario: 950 euro lordi a turno, e in pronto soccorso mi organizzo io quando andare». Si presenta così il dottor Iarno Berardi. Cinquant’anni, romano, chirurgo maxillo-facciale, da sette vive il doppio binario della sanità italiana: da una parte lo studio privato di medicina estetica a Grottaferrata, dall’altra il pronto soccorso, dove entra come libero professionista. Berardi non ama la parola “gettonista”, che in questi giorni è diventata centrale nel dibattito politico e sanitario, dopo lo stop ministeriale al ricorso alle cooperative. Eppure, nel senso più stretto del termine – medico a chiamata, pagato a turno – lui lo è stato. «Per un anno ho lavorato sotto cooperativa al Grassi di Ostia – racconta – poi sono passato al contratto diretto con l’Asl. Il concetto è lo stesso, ma la libertà è diversa».

Dottore, chi è il “gettonista”?
«Tecnicamente è chi lavora tramite cooperativa, quindi una terza parte che lo manda a fare turni in ospedale. Io oggi non lo sono più. Ma la sostanza non cambia: faccio turni in ps, scelgo io quando e dove lavorare, guadagno a prestazione».

Quanto si guadagna a prestazione, in media?
«Circa 950 euro lordi per ogni turno da 12 ore, se il compenso è 80 euro l’ora. Una volta, con la cooperativa, prendevo anche 100. Certo, se sei in regime forfettario, ti restano più soldi. Se stai in ordinario, alla fine la metà se ne va in tasse».

Più di un primario, insomma.
«Assolutamente sì. Un primario prende 4-5mila euro al mese netti. Io, con due turni a settimana, arrivo a cifre superiori, lavorando meno giorni e decidendo tutto da solo».

E come si organizza il tempo, tra ospedale e studio privato?
«Faccio due turni a settimana in pronto soccorso. Giorno, notte, poi smonto e riposo. Gli altri giorni li passo nel mio studio di medicina estetica a Grottaferrata. Un equilibrio costruito col tempo».

Rimane spazio per sé?
«Poco, ma c’è. È una scelta. Potrei fermarmi anche per settimane, mesi, ma lavoro per passione. E quando posso, viaggio e faccio sport».

Cosa spinge un medico a scegliere questa strada?
«La flessibilità, l’autonomia. E ovviamente i compensi. Un contratto a tempo indeterminato garantisce stabilità, ma anche stipendi più bassi, circa 3.500 euro al mese. Io scelgo la libertà di decidere i miei orari, accettando meno tutele. Per questo mi sono organizzato con assicurazioni personali».

Le è mai pesato il giudizio dei colleghi assunti?
«Le critiche ci sono, a volte per invidia. “Tu guadagni troppo”, dicono. Ma è una loro scelta. Molti colleghi preferiscono la sicurezza, io la libertà».

Ha mai lavorato in altri ospedali oltre al Grassi di Ostia?
«Sì, ad Albano, al Noc – dove lavoro ancora – e all’Isola Tiberina. Sempre con contratti libero-professionali. Non ho mai fatto il “nomade del turno” che gira ovunque. Ho trovato un mio ritmo stabile».

Che effetto le fa lo stop ai gettonisti deciso dal Ministero?
«In molti ospedali, senza di loro, il 30% dei reparti avrebbe chiuso. Le cooperative hanno garantito continuità dove mancava personale».

Qual è il problema del sistema delle cooperative?
«Era una soluzione d’emergenza, ma costosa per lo Stato e priva di tutele per i medici. Ora si risparmia e si valorizza meglio il lavoro, ma il contratto a tempo indeterminato va reso più appetibile: in pronto soccorso l’impegno è maggiore, ma la retribuzione resta uguale a chi lavora in contesti meno stressanti. Serve distinguere i carichi».
 


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