ROMA La volontà di chiudere in fretta c’è. L’intesa però ancora latita. Sono ore frenetiche di trattative in maggioranza per portare a dama la partita del rinnovo del cda Rai. Da un lato, la Lega di Matteo Salvini. Che reclama maggior peso nella tv pubblica e punta a incassare (almeno) la poltrona di direttore generale, se l’attuale dg Giampaolo Rossi verrà indicato come prossimo ad di viale Mazzini, com’era nei piani originari di Giorgia Meloni. Dall’altro c’è FdI. Che punta a cedere minor spazio possibile agli alleati e soprattutto a chiudere in fretta il tira e molla. «Difficile protrarre ancora a lungo questa situazione, tanto più con un Consiglio già scaduto da due mesi», si ragiona dalle parti di via della Scrofa. E così ecco l’annuncio di Luca Ciriani: il voto sul nuovo cda? «Si sta lavorando sull’ipotesi di mercoledì», anticipa il ministro in Transatlantico. Accordo che però non è stato chiuso. Come dimostra l’ultimo fronte aperto dal Carroccio, che chiede agli alleati un «tavolo» per arrivare a «una rapida definizione della nuova governance della Rai».Per il capogruppo leghista in Vigilanza, Giorgio Maria Bergesio, «le dimissioni di Marinella Soldi, che antepone l’interesse personale a quello dell’azienda, impongono una rapida definizione della nuova governance». E la Lega, spiega Bergesio, «è pronta a sedersi al tavolo». Tradotto: i nodi non sono stati sciolti.
E FdI ci crede: l’accordo è vicino, assicura chi si occupa del dossier per conto di Meloni. Mercoledì, se i lavori delle Camere super congestionate lo permetteranno, «si può votare in seduta comune il nuovo cda». E le ansie leghiste sul dg? «Ricostruzioni esagerate», è la replica: «La discussione sul dg sarà successiva al voto del Consiglio. È l’amministratore delegato che può scegliere di nominare fino a due direttori». Eppure il Carroccio chiede garanzie. E anche da Forza Italia prevedono che per sciogliere il rebus potrebbe volerci ancora qualche tempo. «Noi siamo più che disponibili a chiudere – avverte Maurizio Gasparri – purché tutto avvenga in un quadro di rispetto reciproco». Gli azzurri, è noto, puntano a incassare la presidenza con Simona Agnes, consigliera uscente in quota FI. Ma sanno che per riuscirci serve un’interlocuzione con le opposizioni: per la convalida del’ok al presidente indicato dal Mef, infatti, ci vogliono i due terzi dei sì in Vigilanza.
LE OPPOSIZIONI
Le opposizioni, dal canto loro, vanno all’attacco e chiedono una revisione della governance. «Stanno costringendo il servizio pubblico all’impasse perché litigano sulle poltrone», attacca la presidente della Vigilanza Barbara Floridia, del M5S. Mentre il Pd, con la regia di Stefano Graziano, rivendica di aver compattato 5S e centristi, così da evitare fughe e voti con la maggioranza per poi passare all’incasso. «Chiediamo una presidenza di garanzia», è la linea dem: «Se vogliono i nostri voti, dovranno trattare su un nome condiviso». Chissà se basterà una settimana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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