18.05.2025
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Politics

Meloni-von der Leyen, è il giorno della verità: «No ad intese strutturali»


E infine fu la volta dei conservatori. Ursula von der Leyen arriva al capolinea della sua maratona tra i gruppi del Parlamento europeo, oggi, incontrando in una sala di Strasburgo i 78 eletti dell’Ecr, la formazione dei conservatori e riformisti Ue di cui fa parte Fratelli d’Italia e che è presieduta da Giorgia Meloni.

Meloni, il sì a von der Leyen appeso all’ultima chiamata. La premier e il “pacchetto” di voti conservatori

LE CONDIZIONI

La presidente della Commissione alla ricerca del bis ha risposto positivamente all’invito ricevuto dal gruppo di destra per un dialogo sui temi e le priorità dei prossimi cinque anni, ma ancora alla vigilia ha ribadito un secco no all’ipotesi di una «collaborazione strutturale». E, quindi, di un ingresso formale in maggioranza che scatenerebbe un’emorragia di voti tra i progressisti. Il dialogo con Roma continua a muoversi sotto traccia. Ieri si sono inseguite fino a tarda sera le indiscrezioni su una telefonata fra Meloni e von der Leyen, attesa per oggi. Finora, solo messaggi whatsapp, peraltro «frequenti» a sentire chi conosce la consuetudine tra le due leader. Chi è vicino alla premier confida che, nel segreto dell’urna, l’intesa si troverà, avute le necessarie garanzie su un commissario con deleghe di peso per Roma.

Resta un passaggio politicamente delicato per Meloni, che deve coprirsi a destra dai “patrioti” compattati a Bruxelles dietro alla Lega e a Le Pen. E insieme fare i conti con il ritorno sempre più probabile di Donald Trump nello Studio ovale, dopo l’attentato in Pennsylvania. Segnali di riavvicinamento si susseguono in pubblico. Ieri il segretario di Ecr Antonio Giordano, in viaggio per la convention repubblicana di Milwaukee, ha messo in chiaro: «Noi stiamo con il partito repubblicano e quindi con Trump». Tornando a von der Leyen: grande attesa per le parole d’ordine che l’ex ministra tedesca sceglierà con cura di pronunciare e per i temi su cui vorrà insistere ospite dei conservatori.

Ad esempio sullo spinoso dossier dell’immigrazione, ma pure il Green Deal. I conservatori lasceranno libertà di voto, ma almeno in sei, tra i loro eurodeputati, diranno sì: sono i tre dell’Ods ceco, partito del premier di Praga Petr Fiala che al summit dei leader aveva già “rotto” con Meloni e votato per la tedesca, e i tre dell’N-va, il partito nazionalista fiammingo che si appresta a guidare il nuovo governo federale in Belgio. Meloni, al Consiglio europeo di fine giugno dedicato alle nomine, aveva optato per un’astensione “costruttiva”, in attesa di vedere il programma di von der Leyen; ma se i 24 eurodeputati di FdI dovessero ricevere l’ordine di scuderia di non votare o di uscire dall’Aula, per la procedura questo equivarrebbe a un no.

Per incassare la “fiducia” dell’Eurocamera alle 13 di giovedì, complice l’imprevedibilità dello scrutinio segreto, la tedesca ha bisogno infatti della maggioranza assoluta dei componenti l’Aula, quindi almeno 361 voti su 720. La stima più in voga ai piani alti di palazzo Berlaymont inquadra una fisiologica quota di franchi tiratori in circa il 10-15% del numero magico. Alcuni di questi sono già usciti allo scoperto persino all’interno dello stesso Ppe, come i repubblicani francesi (sei) e i democristiani sloveni (cinque), ma anche in Renew Europe (i sei eletti irlandesi), mentre dei malumori si registrano pure in S&D.

LA CAUTELA

Una circostanza, insomma, che impone a von der Leyen di non fare passi falsi e di cercare consensi ulteriori al di fuori del perimetro della maggioranza per mettere al sicuro la riconferma. Così, ieri pomeriggio a Strasburgo, von der Leyen ha fatto gli “occhi dolci” anche alla sinistra radicale di The Left (46 seggi, tra cui SI e M5S), che però rimane ferma sul voto contrario. Chi, con i suoi preziosi 53 voti, scalpita per associarsi alla maggioranza (postazione chiave da cui sorvegliare il futuro del Green Deal) è il gruppo dei verdi. «Se ci limitassimo a esigere un’agenda ideologica, ciò spingerebbe i moderati (del Ppe, ndr) a lavorare con l’estrema destra.

La scomoda verità è che dobbiamo cooperare», ha detto il capogruppo Bas Eickhout in un bagno di realpolitik che apre con decisione a un sostegno degli ecologisti nell’urna. A rendere la situazione ancor più scivolosa, domani, la Corte di Giustizia dell’Ue emetterà una sentenza sull’accesso agli atti relativi alla gestione dei contratti per i vaccini da parte di von der Leyen, tra cui gli sms cancellati con l’ad di Pfizer. Un caso che — ironia della sorte e delle vicende politiche — era stato iniziato proprio da quei verdi che ora potrebbero lanciarle un salvagente.

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