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Meloni in Medio Oriente, motivi e tappe della missione (tenuta segreta da Palazzo Chigi)


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Adesso Giorgia Meloni volerà in Medio Oriente, dove l’escalation è ormai sotto gli occhi di tutti, specie dopo l’attacco di Israele alle basi Onu dell’Unifil. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha chiesto alla premier il ritiro dei caschi blu dal sud del Libano, che sarebbe il fine ultimo delle pressioni delle Forze armate israeliane di questi giorni. Ma l’Italia, che è fra i principali contribuitori di Unifil, non ci sta.

Meloni stessa ieri pomeriggio ha chiamato Netanyahu ribadendo che gli attacchi a Unifil sono «inaccettabili» e che la missione «non si ritira». 

La missione di Meloni in Medio Oriente

Le garanzie alle truppe Unifil promesse da Netanyahu al telefono con Meloni non bastano.

Non bastano a Roma, che ormai non si fida più. Il premier israeliano avrebbe riassunto così il suo punto di vista: «Dovete capire che Israele non permetterà mai più a un’organizzazione terroristica genocida di avvicinarsi ai nostri confini, né a Gaza né in Libano». Insomma, la battaglia di Tel Aviv per estirpare Hezbollah e Hamas non si fermerà. E questa potrebbe essere solo il preludio all’obiettivo ultimo di Netanyahu, l’attacco all’Iran. 

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Tutte consapevolezze, queste, che hanno spinto la premier Meloni a prendere l’iniziativa. Inutile aspettare le lungaggini di Onu e Ue, i cui Paesi membri sono divisi sul da farsi tra linea dura con Israele (come quella di Francia e Spagna, che hanno chiesto lo stop all’invio di armi a Tel Aviv) e linea pragmatica (come quella dell’Italia, che teme che ulteriori chiusure a Israele possano far irrigidire Netanyahu).

Stando a quanto risulta al Messaggero, infatti, la presidente del Consiglio partirà per il Medio Oriente dopo il Consiglio Europeo in programma per mercoledì e giovedì, tra la fine di questa settimana e la prossima. Un viaggio che, per ovvi motivi di sicurezza, è ancora tenuto in gran segreto da Palazzo Chigi. 

Le possibili tappe

La premier, da presidente di turno del G7, si recherà probabilmente in due o tre Stati. I meglio informati parlano di una probabile tappa in Giordania. Qui era già prevista poco tempo fa una visita di Meloni, poi saltata per altri impegni. Sarebbe un «primo step» strategico, visto che la Giordania, alleata statunitense, è paese chiave per la de-escalation in Libano e per la creazione di una «coalizione di volenterosi» per potenziare le forze armate regolari di Beirut.

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La presidente del Consiglio potrebbe poi volare verso uno dei Paesi del Golfo, magari gli Emirati Arabi Uniti o il Qatar, interlocutore chiave per le trattative con Hamas. Non si esclude neanche una visita di Meloni a Tel-Aviv, ma al momento non c’è nulla di confermato.

Quel che è certo è che Meloni avverte l’urgenza di prendere in mano una situazione che sembra già degenerata e che ha margini di manovra strettissimi. D’altronde, è il ragionamento della premier, gli Stati Uniti — a un passo dalle elezioni presidenziali — non riescono ad avere il ruolo incisivo che servirebbe, né un vero ascendente strategico, visto che l’opera di «contenimento» di Netanyahu, lo dicono i fatti, è tutt’altro che riuscita. 

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