23.05.2025
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Politics

Meloni e i socialisti indeboliti in Ue. Ora asse con i popolari sui dossier


La consegna del silenzio, a Palazzo Chigi, è assoluta. Del resto è sempre così, «io non interferisco nelle elezioni altrui» ripete come un mantra Giorgia Meloni da quando è entrata nella stanza dei bottoni. Aveva fatto slalom, la premier, tra i cronisti che a luglio le chiedevano un cenno, anche solo una parola sul tonfo di Emmanuel Macron, l’assedio dell’ultradestra francese a Palazzo Matignon. Intende fare lo stesso ora che a inciampare è un altro protagonista (e rivale) europeo: Olaf Scholz.

Germania, vola l’ultradestra: Afd primo partito in Turingia, secondo in Sassonia a un passo dalla Cdu

LE REAZIONI

A rompere il silenzio e ad esprimere «soddisfazione» ci pensa già la Lega, che fino a pochi mesi fa coabitava in Europa con gli “impresentabili” della destra teutonica: «La sinistra e i verdi amici del Pd sono stati nuovamente sconfitti». Per il cancelliere socialista le elezioni in Turingia e Sassonia, il boom della destra estrema di Afd con il sorpasso storico sulla Cdu, sono un colpo micidiale. Sufficiente a far traballare il timoniere del governo tedesco, lontano anni luce, per tigna, stazza politica e carattere, dall’eterna Merkel. Sarà crisi? Presto per dirlo. Sta di fatto, ed è questa la lettura prevalente tra i consiglieri della premier italiana, che nel giro di due mesi Macron e Scholz, volti simbolo dell’asse franco-tedesco che così spesso ha provato a lasciare ai margini la destra che governa a Roma, sono usciti azzoppati dalle urne.

Indeboliti sul piano interno, assediati dalle estreme, debilitati anche e per forza di cose sul piano internazionale. Un contraccolpo che Meloni non ha avuto alle Europee di giugno, trasformatesi invece in un trampolino di lancio per l’azione del governo dei “patrioti” a Roma dopo mesi di limbo e tensioni interne dovute alla campagna elettorale. Una leader intatta, in charge, è la lettura ottimistica dei suoi, capace di spendere ai tavoli internazionali la forza elettorale, dunque politica, che vanta in casa, al netto dei continui duelli interni alla maggioranza.

Premessa: Afd non è un alleato di Fratelli d’Italia. È vero il contrario: con la creatura politica di Meloni i rapporti dell’ultradestra tedesca, in odore di simpatie naziste, sono pessimi. Per mesi i dirigenti dell’Alternativa hanno messo nel mirino la postura europea della presidente del Consiglio. Accusata di “tradimento” per il feeling crescente con Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue odiatissima dai sovranisti made in Germany, e sempre più presente nell’album fotografico di Meloni: le missioni in Africa a stringere accordi per le migrazioni regolari, gli scatti insieme nell’Emilia-Romagna alluvionata.

I RAPPORTI

Un’antipatia ricambiata dal partito di via della Scrofa e mai venuta meno, anche quando lo scorso 18 luglio la leader di FdI ha dato mandato ai suoi europarlamentari di votare contro il bis di von der Leyen, coprendosi a destra dell’emiciclo di Strasburgo. In Europa, FdI e Afd parlano lingue molto diverse. E siedono su diversi spalti. I primi, nonostante il voto contrario all’Ursula-bis, inclusi a pieno titolo, insieme agli altri Conservatori, nella politica che conta in Ue, come ha dimostrato l’elezione a vicepresidente dell’Europarlamento di una fedelissima della “fiamma” come Antonella Sberna. I secondi isolati, tenuti lontani dal “cordone sanitario” che ancora una volta ha messo a margine i sovranisti europei.

Un cordone che resterà e con la benedizione degli stessi conservatori guidati da “Giorgia”. Ne è un indizio il recente incontro a Palazzo Chigi fra la premier e Manfred Weber, presidente bavarese del Ppe, nemico giurato di Afd. Appuntamento tenuto fino all’ultimo riservatissimo dall’entourage della leader italiana proprio per la delicatezza del vis-a-vis. Di fatto, una tregua di interesse tra le famiglie politiche di popolari e conservatori per coabitare insieme, e darsi una mano sui dossier comuni, nei prossimi cinque anni di legislatura Ue. Le distanze sono dunque siderali. Eppure la vittoria di Afd non può non strappare un sorriso ai piani alti di Palazzo Chigi. Perché indebolisce Scholz ed è un colpo ai Socialisti europei che sperano di dettare l’agenda per un nuovo lustro a Bruxelles. Un’altra scossa dall’interno all’asse Parigi-Berlino che ha messo i bastoni fra le ruote a Meloni nelle travagliate trattative per i top jobs europei e, ora, per ritagliare un ruolo di peso a Raffaele Fitto nella prossima Commissione. Il vento di destra che soffia in Ue, forse, sta cambiando le sorti della partita.

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