13.10.2025
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«Manuela non si arrese davanti alla malattia. Dio? La fede mi ha aiutato, ma farò un passaggio in Purgatorio»


La fede in Dio ha salvato Cesare Prandelli. Una fede arrivata fortemente quando sua moglie Manuela si ammalò di tumore. «Oltre alle cure urgenti dei medici, ci af!dammo a Dio — ha raccontato al settimanale DiPiù — Siamo stati anche a Calvi dell’Umbria, da fra’ Elia, fondatore della comunità Apostoli di Dio. Non lo dimenticherò: con le sue parole, i suoi gesti, ci diede una mano per affrontare la malattia. E la fede, nella nostra battaglia contro il male, è stata importantissima. Del resto abbiamo sempre creduto in Dio. Senza cedimenti».

La malattia della moglie

«Manuela — racconta ancora l’ex Ct della nostra Italia — non si arrese mai: ebbe una forza, un coraggio straordinari e per un anno e mezzo le cose migliorarono.

Poi, proprio mentre allenavo la Roma, ebbe una recidiva. Non la potevo lasciare da sola a combattere e lasciai il mio lavoro». Un addio commovente nel 2007, a soli 45 anni. Un addio che convinse Cesare a lasciare il calcio. A vivere lontano un po’ da tutto, da tutti ma non dalla fede. «Non ero arrabbiato con Dio. Il nostro fu un dramma vissuto in maniera serena. In quel momento il mio pensiero principale era fare crescere i nostri figli, Niccolò e Carolina, in maniera equilibrata. Anche in questo, la fede aiuta». Quando lei morì, «tra di noi parlavamo spesso della loro madre, della convinzione che un giorno ci ritroveremo tutti insieme nell’Aldilà. Rimanendo uniti in quel terribile momento, ricordavo anche il bellissimo matrimonio celebrato con Manuela nella chiesa di Ticengo, un paesino in provincia di Cremona, a pochi chilometri dalla mia Orzinuovi, nel bresciano, dove sono nato e cresciuto e dove continuo ad avere molti amici». 

Il rapporto con Dio

Ora non va a messa tutte le domeniche ma prega tutte le sere: «Prego per ringraziare Dio, l’ho sempre fatto. La preghiera è soprattutto una forma di ringraziamento. Dico il Padre Nostro e l’Ave Maria. Comincio da lì. Poi rivolgo spesso un pensiero alle persone che stanno lottando contro un brutto male. Io quando prego, invece, non chiedo niente per me. Sarà Lui, sarà Dio a scandire le priorità della mia vita».  Ma sia chiaro: «Non ho mai associato la preghiera al mio lavoro. Mai pregato o invocato Dio per farmi vincere una partita, insomma. Prima di uscire dallo spogliatoio, facevo il segno della croce, e via, si entrava in campo. Del resto Dio non penso che perda tempo ad aiutare un bimbo o un professionista a giocare bene a calcio…».

Sul calcio

A proposito di calcio, a DiPiù non nega che il calcio gli manca, sia chiaro, «ma non mi manca il business del calcio. Ora, alla panchina di Serie A, preferisco la panchina del parco. Vivo tra Orzinuovi, Firenze e Bologna. Mi dedico ai miei cinque nipoti, il mio amore per loro è incondizionato. Vederli sorridenti mi fa stare bene. Spero che dall’alto dei cieli la mia Manuela sia soddisfatta di come stanno crescendo…».

Il purgatorio

Ha conosciuto Papa Francesco, è devoto a San Francesco e poi ammette che «l’Inferno è qui in Terra a mio parere. E nessuno, secondo me, può andare in Paradiso direttamente. Scherzando lo dico sempre anche alla mamma, che è convinta di andare in Paradiso: “Il Paradiso può aspettare, prima devi passare dal Purgatorio…”. Anch’io farò un passaggio da quelle parti. Poi spero di incontrare la mia Manuela. In Paradiso».


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