Due miliardi in più da trovare per pagare meglio medici e infermieri ed evitare la loro fuga. Nella prossima manovra — accanto a taglio del cuneo, riduzione dell’Irpef e difesa delle pensioni minime — il governo inserisce un’altra priorità: aumentare la spesa sanitaria, soprattutto quella al personale. Si delineano i contorni della futura legge di bilancio, ma per capire meglio le disponibilità, cioè le risorse, si dovranno attendere domani i dati sull’autoliquidazione forniti dall’Agenzia delle entrate e, soprattutto, le prospettive su crescita, deficit e debito inserite nel Piano strutturale di bilancio da inviare a Bruxelles entro il 20 settembre. In questa direzione c’è da fare i conti con la spesa sanitaria. Secondo l’ultimo Def, l’impegno passerà da 131,119 miliardi di euro (pari al 6,3 per cento del Pil) del 2023 a 138,776 miliardi (6,4 del prodotto interno lordo) del 2024 per raggiungere 141,814 miliardi nel 2025.
I NUMERI
Il governo lo scorso anno ha allocato 5,6 miliardi per la sanità e ha sempre smentito tagli su questo versante. Quindi dà per scontata la conferma di queste risorse. Ma è soltanto un primo passo, perché a Palazzo Chigi non hanno mai nascosto di voler riequilibrare i livelli italiani, che vedono il nostro Paese al di sotto dei livelli Ocse: la spesa sanitaria pubblica pro-capite (3237,11 euro), come ha ricordato ieri la Fondazione Gimbe, «si colloca solo al 16esimo posto tra i 27 Paesi europei dell’area Ocse e in ultima posizione tra quelli del G7». Una situazione finanziaria che acuisce le difficoltà di un sistema, che tra i pochi al mondo garantisce un servizio universale non soltanto ai residenti. E che infatti negli ultimi anni ha conquistato gli onori della cronaca per l’allungamento dei tempi delle liste d’attesa interminabili, l’affollamento nei pronto soccorso e la fuga di medici e infermieri. Al riguardo mancano all’appello 4.500 medici ospedalieri, 3mila impegnati nella medicina generale e 10mila infermieri. Nei prossimi giorni il ministro della Salute, Orazio Schillaci, incontrerà il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti per conoscere le disponibilità finanziarie per la finanziaria. A luglio — negli incontri propedeutici sulla manovra — Giorgetti aveva confermato l’attenzione del governo su questo settore, mentre Schillaci ha fatto sapere: «La sanità italiana ha bisogno di più soldi: io credo che il 7 per cento del Pil sia il livello minimo sul quale ci dobbiamo attestare». In quest’ottica, e per quanto più collegate alle sue materie di competenze, si muove anche la responsabile del Lavoro e del Welfare: «Credo che si debba guardare a tutto quello che rende più dinamico il mercato del lavoro e soprattutto anche la gestione dei rapporti di lavoro. Abbiamo fatto degli interventi sulla detassazione dei premi di risultato e sugli investimenti in materia di il welfare: io credo che sul welfare si debba puntare e anche sulla sanità integrativa e su tutte quelle forme di sostegno, di assistenza e di investimenti per la salute delle persone e quindi anche per la long term care».
Dopo aver delineato una sua strategia sul taglio delle liste d’attesa con un apposito decreto — quello dove è presente la flat tax al 15 per cento sugli straordinari — per la prossima manovra Schillaci si posto come principale missione quella di aumentare gli emolumenti per medici e infermieri. «I miei prossimi obiettivi — ha spiegato — sono l’abolizione del tetto di spesa per le assunzioni del personale, l’aumento dell’indennità di specificità e la valorizzazione degli specializzandi». Misure però costose: soltanto per l’indennità di specificità a tutti i dirigenti medici — cioè la parte fissa della retribuzione di posizione e che supera i 700 euro — servirebbero 300 milioni per defiscalizzarla. Se invece si volesse alzarla, il costo dell’operazione salirebbe a mezzo miliardo. C’è poi il capitolo dei rinnovi contrattuali: lo scorso anno il governo ha investito in questa direzione circa 3 miliardi, quest’anno il recupero dell’inflazione impone una spesa di 2 miliardi di più. Senza dimenticare che, restando alla sanità, il governo sarebbe al lavoro anche per confermare i 10 milioni stanziati nel 2024 per il bonus sanità.
LE RICHIESTE
Su Palazzo Chigi non ci sono soltanto le pressioni delle opposizioni per aumentare le risorse della sanità. In una nota congiunta tutte i sindacati di medici e infermieri — Pierino Di Silverio, segretario del Anaao Assomed, Guido Quici, presidente del Cimo-Fesmed e Antonio De Palma, presidente del Nursing Up — chiedono un investimento complessivo di 10 miliardi in più. «Basta far cassa sulla nostra pelle — scrivono — chiediamo un forte impegno da parte del governo che questa volta deve dimostrare se davvero intende difendere il diritto alla salute o se intende portare alla deriva il Servizio sanitario nazionale. Noi ci comporteremo di conseguenza».
Intanto il presidente della commissione Finanze della Camera, Marco Osnato rilancia «sul taglio delle tasse sugli straordinari per aiutare il ceto medio», mentre dalla Cisl il segretario confederale della Cisl Ignazio Ganga punta a nuovo «Patto di politica dei redditi per calmierare prezzi e tariffe».
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