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Zlatan Ibrahimovic è uno degli ospiti più attesi del programma televisivo «This is me». Il campione svedese, oggi parte integrante dell’organigramma di RedBird Capital Partners, dove ricopre il ruolo di Senior Advisor, continua ad essere una figura importante per il Milan, club a cui è rimasto particolarmente legato nonostante le numerose maglie indossate in carriera.
A This is me: l’infanzia difficile
«La situazione a casa non era il massimo, mi ha formato. Dovevo essere più forte di altri per farmi vedere. Se uno ha fiducia però arriva nei suoi fini»
«I miei genitori sono arrivati prima della guerra in Svezia. Ho lavorato, ho fatto sacrificio, mi davano fiducia infinita e sono andato avanti. Sono orgoglioso di avere aperto le porte alla seconda generazione in Svezia»
«I miei genitori erano separati, abitavo con papà e andavo da mamma solo per mangiare. A un certo punto mi ha buttato via di casa perché diceva che mangiavo per tre. Non ero perfezionista a scuola, per me c’era solo il calcio. Ero sicuro che sarei arrivato a diventare professionista. Volevo dimostrare che tutto era possibile.
«Io sono di Malmo. Il mio quartiere erano tutti stranieri, poi gli svedesi sono biondi».
A This is me: l’addio al calcio
«È stato un giorno molto speciale. Il giorno prima mi avevano spiegato un po’ del programma ma io volevo che uscissero liberamente le emozioni. Prima di decidere di smettere avevo paura. Sono molto fortunato con tifosi di Milan perché prima volta mi hanno preso con felicità, seconda con amore. L’ultimo scudetto mi ha dato più soddisfazione di tutti gli altri che ho vinto. Nel discorso di addio ho pensato di prendere forza dai miei colleghi ma tutti piangevano. Allora ho guardato mia famiglia ma mia figlia piangeva. Ho detto guardo i tifosi e loro piangevano anche di più. Ho detto che sarò milanista per sempre, non dimenticherò mai quello che mi hanno dato. La prima volta la famiglia Berlusconi mi ha dato la felicità, la seconda volta era solo dare e non avere. Giocavo con compagni più giovani di venti anni. Oggi non è facile, cerco nuova adrenalina ma non è la stessa cosa»
A This is me: i figli
«I miei figli giocano, per loro non è facile. Hanno questa mentalità che sono già più forti di me. Può aiutarli, io per il mio ego dico impossibile per mio ego. Importante che giochino per loro e non per me»
«Sto insegnando loro di non ripetere i miei errori. Sono ragazzini anche loro devono fare errori per imparare. Essere imperfetto è essere te stesso»
«Vivono una vita diversa da altri perché papà è conosciuto, è stato un calciatore forte se non il più forte. Sto cercando di dividere Ibrahimovic professionsita e ibrahimovic padre. A casa non ci sono foto mie perché mia moglie ha detto che là non sono Ibrahimovic ma solo papà. Quello che insegno loro è rispetto, disciplina e voglio che diventano indipendenti. Se ho fatto queste tre cose ho fatto il mio lavoro da papà».
A This is me: il razzismo
«Ricordo il pomeriggio in cui cinquanta mila persone urlavano sei uno zingaro dopo il gol. Io ho fatto il gesto di non sentire perché con la rabbia mi caricavo ancora di più. Ho chiesto per questo di fare più forte. L’arbitro ha ammonito me ma non capisco. Se guardi il razzismo devi guardare tutto, non solo la parte che fa più effetto».
A This is me: il carattere forte
«Se mi conosci ho il più grande cuore di tutti ma devi entrarci, è difficile. Carattere forte? Dove sono cresciuto e nato dovevi avere questa fiducia per sopravvivere. Non avevo parenti che mi potevano mandare avanti. Per sopravvivere ho fatto cose che non si fanno come rubare. Potevo solo andare avanti e cercare di arrivare»
«Cosa ho imparato? Per arrivare devi lavorare, niente è gratis nella vita. Se lavori le cose devono arrivare»
A This is me: la famiglia
«Papà è duro, quando mi vede fa finta che tutto è normale. Al primo contratto che ho firmato, quando mi hanno mostrato in televisione, mamma piangeva perché pensava che fossi andato in galera. Lei non credeva che sarei dovuta andare ad Amstardam, poi mi chiamava per pagare le fatture (scherzo).
Siamo una famiglia un po’ divisa ma stiamo tutti bene e questo è il mio primo obiettivo».
Le origini nel ghetto
Sobborgo di Malmö, 28 lingue in 3 km quadrati, disoccupazione altissima. Per lui è casa. «Non molto tempo fa mi fu inviata una fotografia — scriveva lui nella sua autobiografia Io, Ibra — un’immagine del ponte di Annelund, che si trova ai confini di Rosengård. Su quel ponte qualcuno aveva attaccato uno striscione: «Puoi togliere il ragazzo da Rosengård. Ma mai Rosengård dal ragazzo». Una gioventù di strada, come ha raccontato in più occasioni: «Aprivo i lucchetti. Ero diventato un maestro. Bang, bang, bang e la bici era mia. Un ladro di biciclette, fu la mia prima identità. Era una cosa piuttosto innocente, ma ogni tanto passavo un po’ i limiti».
Ibrahimovic, la carriera
Non basterebbe un libro per raccontare la carriera calcistica di Ibra, caratterizzata da ben 9 squadre. Gli inizi nel Malmo, in Svezia, poi il trasferimento in Olanda all’Ajax. L’approdo in Italia nel 2004 nella Juventus di Capello, poi il trasferimento all’Inter dove ha militato dal 2006 al 2009. L’estate 2010 è segnata dal super scambio tra Inter e Barcellona che coinvolse proprio Ibra e Samuel Eto’o. Lo svedese sfiderà poi i nerazzurri in semifinale di Champions, perdendo. Proprio Eto’o invece vincerà quella Champions, per uno strano scherzo del destino che ha sicuramente segnato la carriera di Ibrahimovic. Una sorta di maledizione con la Coppa dei Campioni, mai vinta nel suo percorso da calciatore.
Dopo l’anno in Spagna torna in Serie A, sponda Milan. Un biennio contraddistinto dalla vittoria dello scudetto con Allegri e dalla sintonia con calciatori come Pato, Robinho, Boateng, Ronaldinho. Dal 2012 al 2016 veste la maglia del Psg e diventa l’eroe di Parigi, dal 2016 al 2018 gioca in Premier League con la maglia del Manchester United, dove subisce il primo vero grave infortunio della carriera. Non si fa mancare un’esperienza esotica in America, ai Los Angeles Galaxy, prima di tornare a «casa», nella Milano rossonera dove chiude la carriera al termine della stagione 2022/23, avendo anche vinto uno scudetto con una squadra di giovani, tra cui un emergente Rafa Leao e con Stefano Pioli al comando.
Palmares
Competizioni nazionali
Campionato olandese: 2 Ajax: 2001-2002, 2003-2004
Coppa dei Paesi Bassi: 1 Ajax: 2001-2002
Supercoppa dei Paesi Bassi: 1 Ajax: 2002
Campionato italiano: 1 (revocato) Juventus: 2004-2005
Supercoppa italiana: 3 Inter: 2006, 2008 Milan: 2011
Campionato italiano: 5 Inter: 2006-2007, 2007-2008, 2008-2009 Milan: 2010-2011, 2021-2022
Supercoppa di Spagna: 2 Barcellona: 2009, 2010
Campionato spagnolo: 1 Barcellona: 2009-2010
Campionato francese: 4 Paris Saint-Germain: 2012-2013, 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016
Supercoppa francese: 3 Paris Saint-Germain: 2013, 2014, 2015
Coppa di Lega francese: 3 Paris Saint-Germain: 2013-2014, 2014-2015, 2015-2016
Coppa di Francia: 2 Paris Saint-Germain: 2014-2015, 2015-2016
Community Shield: 1 Manchester Utd: 2016
Coppa di Lega inglese: 1 Manchester Utd: 2016-2017
Competizioni internazionali
Supercoppa UEFA: 1 Barcellona: 2009
Coppa del mondo per club: 1 Barcellona: 2009
UEFA Europa League: 1 Manchester Utd: 2016-2017
Le arti marziali
Da giovane praticava taekwondo, un’arte marziale di cui è cintura nera, e questo gli ha fornito un’ottima agilità e capacità acrobatiche che hanno caratterizzato il suo gioco e molti dei suoi gol più spettacolari. Ancora oggi Ibra svolge questo tipo di allenamenti, come si evince anche da alcuni video postati sui social.
Il paragone con Van Basten
Quel paragone. «Tu mi ricordi un giocatore che allenavo nel Milan — gli disse Fabio Capello ai tempi della Juve — ma non lasciarti stressare dal confronto, tu non sei un nuovo Van Basten, hai il tuo stile. Qui c’è un filmato, studia i suoi movimenti, impara». Ibra rimase solo negli spogliatoi per ore — raccontava sempre nella sua autobiografia — a guardare ogni singolo gol dell’olandese.
Ibra è nel dizionario svedese
Nel 2012 lo Sprakradet , l’ente custode della lingua scandinava, aveva pubblicato la lista dei 40 nuovi vocaboli entrati nell’uso comune. Tra questi anche il verbo ‘zlatanera’ (in svedese), il cui significato si avvicina a ‘dominare’ o ‘fare qualcosa con forza’.
La passione per il padel
Ibra ha inaugurato da qualche anno il suo tempio dedicato al padel. Ha diverse sedi in Svezia. E ovviamente un brand personalizzato con la Z di Zlatan.
Il film sulla storia di Ibra
Nel 2022 è uscito al cinema il film sulla sua vita dal titolo «ZLATAN». Una riproduzione delle tappe della vita di Ibrahimovic, dagli inizi nel ghetto all’incontro con Mino Raiola, il procuratore che ha lanciato Ibra nel grande calcio.
L’idolo: Ronaldo il Fenomeno
«C’è un filmato, su YouTube, del derby che giocammo contro quando lui andò al Milan (del marzo 2007, ndr): ci sono io, a centrocampo per il fischio d’inizio, che mastico una cicca e non gli stacco gli occhi di dosso, come se non riuscissi a capacitarmi di essere sullo stesso campo con lui». Ebbene sì, oltre sé stesso Ibra ha anche un idolo dichiarato, Ronaldo Il Fenomeno.
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