02.08.2025
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Politics

«Ma si faccia da parte se rinviato a giudizio»


ROMA In chiaro, il registro di Giuseppe Conte è quello della calma e della cautela: «Stiamo aspettando domani (oggi, ndr) quando ci sarà l’interrogatorio». Il faccia a faccia tra Matteo Ricci e i pm sul caso Affidopoli, a sentire il leader M5S, appare sempre più come uno spartiacque politico, oltre che giudiziario: «Vedremo l’atteggiamento del candidato». A microfoni spenti, però, la sensazione che si fa strada tra molti nel Movimento è che sia difficile cambiare strada in corsa, senza un nome alternativo e soprattutto con un accordo quasi chiuso in Campania sul nome di Roberto Fico (nonostante ancora ieri l’avvocato di Volturara Appula abbia ripetuto che non esistono «do ut des»). Per questo, la base pentastellata, spinta da Conte a valutare la vicenda «senza spirito sanguinario», più che chiedere a Ricci di rinunciare al ruolo di candidato, ha avanzato negli ultimi giorni un elenco di “contro-garanzie” che, molto probabilmente verranno riportate dagli esponenti regionali al vertice del partito. Tra le istanze, in base a quanto apprende Il Messaggero, quella di vincolare il candidato a formalizzare un impegno pubblico per misure in materia di legalità e trasparenza. Una sorta di refrain marchigiano di quel protocollo per la legalità già presentato da Conte a Michele Emiliano un anno fa. Molti però, dal basso, chiedono anche una garanzia più pesante: quella di un possibile passo indietro di Ricci in caso di rinvio a giudizio o condanna, a «tutela della credibilità della coalizione». C’è pure, tra i militanti, chi ha proposto, come assicurazione, un posto da vicepresidente per un esponente M5S o in posizioni delicate come sanità e bilancio. Istanze, queste ultime, che difficilmente potranno trovare riscontro da Roma, visto che il mantra che va rivendicando da tempo Giuseppe Conte è che il Movimento «non è interessato a scambi di poltrone».
La base pentastellata si fa sentire anche in Toscana dove molti territori, da Carrara a Livorno, dicono «no ad una ipotetica alleanza con il Pd». A non convincere non è solo la ricandidatura di Eugenio Giani, ma anche la sostenibilità dell’alleanza con i dem. Al punto che il gruppo consiliare del M5S a Livorno è arrivato a minacciare l’autosospensione in caso di un accordo con il Nazareno. Gli occhi, al momento, sono tutti puntati sull’assemblea regionale di giovedì, che potrebbe essere risolutiva. Intanto, però, il governatore uscente prova a vedere il bicchiere mezzo pieno: «Se ci sono nuclei a livello locale che sentono il bisogno di uscire in modo fragoroso — ha detto Giani — vuol dire che nella maggioranza M5s c’è una seria discussione sull’aderire alla coalizione progressista del campo largo. Rispetto questo dibattito».

IN PUGLIA

Diverso il discorso per la corsa in Puglia, dove i maggiori dubbi sono nutriti da quello che, per diversi da mesi, è stato considerato da tutti, il candidato in pectore del centrosinistra: Antonio Decaro. Stretto, oggi, tra gli impegni in Ue come presidente della commissione Ambiente e il rischio di una possibile candidatura di Michele Emiliano e Nichi Vendola a consiglieri regionali, che ne potrebbero limitare il raggio d’azione come governatore. A Decaro, ieri, Conte ha rivolto quello che è suonato, ad alcuni, come un endorsement implicito: «Ha le carte in regola per aspirare a guidare un progetto di rinnovamento, ma deve essere un progetto di rinnovamento». Parole che fanno credere che le titubanze degli ultimi giorni possano essere superate.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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