15.05.2025
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Politics

«Ma basta votare contro». E avanza l’astensionismo


PARIGI «Ci prendono per idioti? Lo sappiamo da soli quello che dobbiamo fare, non abbiamo bisogno di nessuna indicazione, e non voglio più sentire parlare di desistenza». Il signore — sulla settantina, scattante, appena arrivato da Limoges a Parigi alla gare d’Austerlitz — taglia corto e non dice il nome. Ma il suo fastidio traduce alla perfezione lo stato d’animo di milioni di connazionali. Per molti elettori francesi andare a votare è diventato un calvario, un sacerdozio, una missione per conto di qualcun altro. Votare il candidato che convince sembra un lusso. Con i ballottaggi di domenica poi sarà l’apoteosi. Circa 220 candidati si sono ritirati in altrettanti collegi per far convogliare i voti su un avversario che ha più possibilità di battere lo sfidante di estrema destra. Se rispetteranno le consegne del loro partito, e accetteranno di partecipare alla diga anti-Bardella, milioni di elettori non voteranno secondo coscienza ma secondo dettato: macronisti costretti a mettere nell’urna la scheda di un comunista, radicali di estrema sinistra obbligati a votare per la ministra conservatrice contro cui hanno manifestato per anni, gollisti chiamati a portare in parlamento l’ecologista anti energie nucleare. Catherine Freynet, insegnante a Parigi, 57 anni, ma residente — e votante — a Ivry, grande comune della periferia sud, ha l’impressione di avere quasi sempre votato contro qualcuno: «Praticamente ho usato la mia scheda come una pistola, ogni volta puntata contro il mostro da tenere lontano da casa, che poi il mostro ha avuto sempre lo stesso cognome: Le Pen». Fosse per lei, Catherine sarebbe socialista. L’ultima volta che ha festeggiato «sul serio» è stata per l’elezione di François Hollande a presidente della Repubblica. Anno: 2012. La sera del 15 maggio confessa di essere perfino «salita» nella capitale per festeggiare sulla Bastiglia, la tradizionale piazza rossa. Poi una sequela di delusioni. Tanto per cominciare Hollande che si è progressivamente trasformato in presidente «amico delle imprese», poi il partito socialista ridotto ai minimi termini dall’arrivo di Macron, poi le ultime presidenziali, sempre a votare Macron per sbarrare il passo a Le Pen. «Non è più un voto, è come abbassare l’asta di un passaggio a livello», scherza.

DELUSIONI E ACCORDI

Al primo turno del 30 giugno non è stata proprio costretta a votare contro «un nemico», ma quasi: nel suo collegio la candidata per la coalizione della gauche del Front Populaire era Mathilde Panot, braccio destro di Jean-Luc Mélenchon. Catherine «sarebbe socialista» (come dice sempre al condizionale) e gli «estremisti», non solo a destra ma anche a sinistra, «non fanno per me». Però anche domenica scorsa è andata mogia ma convinta al seggio: «Ho fatto di nuovo il bravo soldatino, per fortuna la candidata è passata al primo turno, almeno non mi toccherà questo strazio un’altra volta ai ballottaggi». Come dire: mai una gioia nell’urna. Ci sono collegi in Francia dove la logica della desistenza e l’imperativo di sbarrare il passo all’estrema destra e a un governo Bardella mettono gli elettori davanti a dilemmi esistenziali.

Come a Amiens, città natale di Macron, dove la candidata macronista Albane Branlant si è ritirata per far convogliare i voti sul radicale di sinistra François Ruffin, meglio piazzato di lei per sconfiggere la candidata di estrema destra. Ruffin, che diceva «Macron è un malato di mente», che conduce da sempre una battaglia per «massacrare il padrone». Sebastien, 55 anni, è arrabbiato ma quasi gli viene da piangere: «Io sono contabile, lavoro per piccoli e medi imprenditori, sono coraggiosi, lavorano tanto, danno lavoro, volevo votare repubblicano, poi ho optato per la candidata di Macron che aveva più possibilità di passare al ballottaggio, adesso votare Ruffin…». Non dice se andrà o no. Molti sono tentati dall’astensione, altri pensano alla scheda bianca. Ma i più voteranno, useranno la scheda contro il Rassemblement National. Non Martine, 59 anni, di Vire, in Normandia, Collegio numero 6 del Calvados. Qui il candidato del Nouveau Front Populaire, il radicale della France Insoumise Noé Gauchard, si è classificato terzo al ballottaggio di domenica e l’altro ieri ha annunciato il ritiro. Chiede ai suoi elettori di far perdere il candidato di estrema destra Nicolas Calbrix e di votare per la candidata della coalizione Ensemble, ovvero l’ex premier Elisabeth Borne, colei che ha fatto adottare la riforma delle pensioni, praticamente l’ex nemica pubblica numero 1, ora numero 2. Martine, una vita nella pubblica amministrazione e da sempre a gauche, non andrà a votare: «Ma perché dovrei farlo? Perché dovrei andare a votare contro l’estrema destra a favore di quelli che hanno aiutato l’estrema destra ad arrivare al potere? Cioè, devo essere io ad aiutarli a togliere di mezzo il mostro che hanno creato loro? Non ce la posso fare, nemmeno turandomi il naso».

Francesca Pierantozzi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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