La candidatura di Donald Trump al Premio Nobel per la Pace continua a far discutere in Norvegia e nel mondo. Diverse voci accademiche e istituzionali hanno sollevato forti critiche, sostenendo che l’ex presidente americano rappresenti l’opposto dei valori su cui il riconoscimento è fondato.
Opposizione accademica
Kjersti Frydnes, presidente dell’Associazione Norvegese per la Libertà d’Espressione, ha dichiarato alla BBC: «Sappiamo che il mondo è in ascolto e discute su come ottenere la pace. Dobbiamo essere forti e determinati nelle nostre scelte, è il nostro lavoro.» Frydnes ha ricordato come in passato la sua organizzazione abbia condannato la repressione della libertà di parola «persino in Paesi democratici», citando Trump come esempio.
Anche Ylva Engström, vicepresidente dell’Accademia Svedese delle Scienze, ha espresso preoccupazione per le politiche di Trump contro la ricerca e la libertà accademica: «I tagli draconiani imposti durante la sua presidenza hanno minato la libertà scientifica. Queste politiche possono avere effetti devastanti nel breve e lungo termine: la libertà accademica è uno dei pilastri della democrazia».
I valori del Nobel sotto indagine
Molti in Norvegia e all’estero sottolineano come l’ex presidente sia lontano dai principi che, da 125 anni, ispirano il Nobel per la Pace: promuovere la fratellanza tra le nazioni, ridurre gli armamenti e incoraggiare la cooperazione internazionale.
La politologa Nina Græger ha ricordato come le azioni di Trump, dalle «guerre» commerciali e diplomatiche alle tensioni con istituzioni internazionali, vadano nella direzione opposta alla pace: «Trump si è ritirato da organizzazioni globali come l’OMS e dagli Accordi di Parigi. Anche la sua aspirazione di ottenere la Groenlandia dalla Danimarca non favorisce la cooperazione internazionale». Secondo Græger, inoltre, la repressione di proteste, giornalisti e accademici critici, soprattutto quelli pro-Palestina, rappresenta «una linea tutt’altro che pacifica».
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