La fiducia nella tenuta dei conti pubblici italiani continua a crescere. A testimoniarlo, ancora una volta, la cartina di tornasole dello spread. Al termine della giornata borsistica di ieri, il differenziale tra il titolo italiano a dieci anni (Btp) e l’omologo tedesco (Bund) si è ridotto di un altro punto base portandosi a 91,3 punti dopo aver spinto, nel corso della seduta, fino a quota 90,8. L’ultima volta che si era toccato questo livello risale febbraio 2021, più di quattro anni fa, quando a Palazzo Chigi si era appena insediato Mario Draghi e l’economia italiana, come quella globale, era in preda al contagio della pandemia. Un quadro a tinte fosche ben diverso da quello attuale come testimoniano numerosi fattori.
I SEGNALI
Da un lato, i dati diffusi dall’Istat n elle scorse settimane: da ultimo la produzione industriale, che ad aprile torna positiva dopo 26 mesi consecutivi con il segno meno davanti. O le tempo sull’occupazione che, sempre ad aprile, cresce di 282mila unità (+1,2%) rispetto allo stesso periodo del 2024, con la disoccupazione ancora in calo al 5,9%. Per il 2025, l’istituto di statistica prevede, inoltre, un aumento degli occupati dell’1,1%, seguito da un +1,2% nel 2026.
Da un altro, il crescente appetito degli investitori nei confronti dei titoli di Stato tricolori, come attestano i 214 miliardi di euro di domanda (a fronte di un’offerta da 17 miliardi) per i Btp messi in asta dal Tesoro lo scorso 4 giugno. Un successo riconosciuto ieri dal Financial Times , prestigioso quotidiano finanziario della City londinese, che ha elogiato i titoli italiani (insieme a quelli spagnoli e greci) definendoli «improbabili vincitori» delle turbolenze che si sono abbattute sul mercato obbligazionario anche a causa della guerra dei dazi innescata il 2 aprile da Donald Trump.
Da ultimo, i giudizi delle agenzie di rating americane, tutte concordi — persino Moody’s, la più temuta e severa tra le «Big Three» specializzate nell’analisi dell’affidabilità creditizia dei governi — nel promuovere la solidità dei fondamentali economici italiani migliorandone le prospettive («outlook») di crescita.
Sintomi di una rinnovata fiducia nel sistema Italia — accompagnata, di riflesso, da una crescente preoccupazione nei confronti della Germania, locomotiva d’Europa — che portano lo spread su livelli sempre più bassi: a fare 90, questa volta, non è la paura ma l’ottimismo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this