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«Non era il momento giusto». Se Carlos Alcaraz ha amesso di fare ancora fatica a capire come ha vinto la finale del Roland Garros, il coach Darren Cahill rivela i retroscena di Sinner. L’altoatesino aveva iniziato benissimo la sfida a Parigi e sembrava pronto a riscattare la sconfitta agli Internazionali di Roma. Lo spagnolo è riuscito però ad annullare tre match point e portare la partita dalla sua parte.
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Negli spogliatoi
Jannik Sinner è già andato mentalmente avanti, cominciando da Halle la sua stagione sull’erba per prepararsi a Wimbledon. Cahill, intervistato nel podcast «Served with Andy Roddick», ha raccontato gli attimi successivi a quella sconfitta: «Abbiamo parlato pochissimo.
C’era delusione dopo che ci era andato così vicino. È rimasto negli spogliatoi per 15-20 minuti buoni». Il team gli ha subito fatto arrivare il suo supporto: «Ognuno si è avvicinato e gli ha dato un abbraccio. Gli abbiamo detto che eravamo davvero orgogliosi di lui e del suo impegno. Ma non era il momento giusto per fargli un discorso su cosa imparare da tutto questo. Bisognava mostrare un po’ di empatia per quello che stava passando: tristezza, qualche lacrima per tutti».
La reazione di Sinner
Secondo Cahill sarà una partita che resterà per sempre impressa nella memoria di Sinner: «Qualche ora più tardi non se ne era ancoa fatto una ragione e credo che non se la farà mai. Una partita così ti rimane dentro per sempre e cerchi di migliorare grazie a questa». Il tecnico sottolinea la capacità del tennista di dividere lo sport dalla vita personale: «Lui ha una grande capacità di mettere tutto in prospettiva. Capisce l’importanza di giocare una partita di tennis rispetto alla vita reale e sa che ci sono cose molto più importanti che accadono rispetto a vincere o perdere una partita. Da lì che nasce la sua consapevolezza. È stato deludente, ma si tratta solo di sport».
La consapevolezza nel team
La sconfitta ha comunque maturato nella squadra ancora più rispetto nei confronti di Sinner: «Eravamo dannatamente orgogliosi di lui, a prescindere dal fatto che avesse vinto o perso quella partita. Quando mandi un giocatore in campo, l’unica cosa che chiedi è che dia tutto quello che hai. Quanto è stata bella, quanto bene hanno gareggiato quei due ragazzi, senza pause per andare in bagno, niente fisioterapisti, niente allenatori, niente lamentele, solo cinque ore e mezza di tennis brillante, tennis professionale e grande rispetto tra i due giocatori. Nutro ancora più rispetto per lui di quanto ne avessi prima»
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