Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, il governo compie oggi tre anni. Qual è il segreto della vostra tenuta?
«La leadership di Giorgia Meloni e la coesione del governo. Nel caos globale, l’Italia è oggi esempio di stabilità e affidabilità. E ora abbiamo la forza e l’autorevolezza per cambiare l’Europa: questa è la sfida dei prossimi mesi».
Una sfida ambiziosa.
«Abbiamo finalmente con noi le associazioni che rappresentano le imprese e il lavoro europeo. Proprio a Roma si svolgerà il 4 e 5 novembre la riunione della Trilaterale delle Confindustrie di Italia, Germania e Francia: sarà il vero segnale della ritrovata centralità del nostro Paese, che torna a indicare il rotta della politica industriale europea».
Intanto c’è da trovare l’intesa sulla manovra.
«Lo faremo come abbiamo sempre fatto in questi tre anni: con responsabilità e unità di intenti, trovando soluzioni condivise che garantiscono equilibrio tra rigore e crescita».
Intanto in manovra avete introdotto l’iperammortamento per accompagnare le aziende verso la transizione. Che cosa cambia rispetto allo schema del credito d’imposta?
«Quattro miliardi che le imprese possono utilizzare subito, già dal 2026, ma che incideranno sul bilancio dello Stato solo nei prossimi anni: per questo abbiamo scelto l’ammortamento. Una scelta obbligata, funzionale, responsabile: crescita nel rigore. È la logica della Nuova Transizione 5.0, che punta a sostenere investimenti innovativi e sostenibili attraverso procedure automatiche e semplificate perché libere dai vincoli europei. Abbiamo mantenuto invece il credito d’imposta per le imprese agricole, che non possono utilizzare l’iperammortamento per ragioni tecniche».
Come chiesto dall’Italia, il presidente della Ue von der Leyen ha aperto alla revisione del regolamento sull’auto e sull’uso dei biocarburanti dopo il 2035. Quali devono essere i prossimi passi?
«Finalizzare la revisione del Regolamento sulle emissioni di CO2 entro la fine dell’anno. Occorre decidere subito e nel modo più efficace. Le dichiarazioni della presidente Ursula von der Leyen, rappresentano un punto di svolta. Finalmente a Bruxelles prevale la ragione! In questa direzione è stato decisivo il documento congiunto che abbiamo sottoscritto insieme al ministero dell’Economia tedesca: piena neutralità tecnologica, possibilità di andare oltre il 2035 con motori alimentati da combustibili sostenibili, come i biocarburanti».
Intanto, sul Green deal, domani i capi di Stato si vedranno a Bruxelles con von der Leyen per rivedere gli obiettivi climatici.
«Per quanto riguarda l’auto, siamo sulla via indicata dal documento italo-tedesco: pragmatismo, flessibilità, neutralità. Principi che vanno affermati anche negli altri dossier. Per questo siamo attori primari nell’Alleanza ministeriale per le industrie energivore con diversi Stati membri: è necessario rivedere anche il meccanismo sulle importazioni ad alte emissioni, il Cbam, che così come era stato ideato è superato e facilmente aggirabile, così come le sue correlazioni con l’ETS; accelerare sulla strada delle semplificazioni; realizzare un Chips Act 2.0 sull’industria dei semiconduttori, perché siamo in ritardo».
Capitolo dazi, come aiutare le nostre aziende penalizzate dalle nuove tariffe?
«Abbiamo chiesto alla Commissione di finalizzare altri accordi di libero scambio, oltre a quelli con Mercosur e Indonesia: con gli Emirati e, più in generale, con i Paesi del Golfo, con l’India e con altri Paesi del Sud-Est asiatico, mercati verso i quali stiamo realizzando piani strategici di supporto per le nostre imprese».
C’è poi la crisi della moda.
«Presenteremo il Piano Moda Italia al prossimo Tavolo della Moda del 17 novembre, con le nuove misure legislative già inserite nel disegno di legge sulle PMI, che hanno l’obiettivo di garantire legalità, tracciabilità e correttezza nelle filiere produttive, anche per contrastare il lavoro nero, valorizzando chi rispetta pienamente le regole nel settore della moda. Allo stesso tempo, stiamo fronteggiando un’altra rilevante emergenza, legata al fenomeno dell’ultra fast fashion. Per questo stiamo lavorando a un pacchetto di emendamenti al ddl Concorrenza per estendere il regime di responsabilità estesa del produttore (EPR) anche ai venditori extra-UE. Stiamo inoltre per dare attuazione a una nuova direttiva europea che rafforza gli strumenti di contrasto alle dichiarazioni ingannevoli sull’impatto ambientale dei prodotti o sull’impegno verso la sostenibilità delle aziende, che potrà essere applicata anche al settore della moda».
Quale futuro attende Ilva? Lo Stato resterà nell’azionariato del gruppo?
«L’azienda è in amministrazione straordinaria proprio perché è fallita la gestione precedente, in cui lo Stato, attraverso Invitalia, aveva una quota rilevante al 38 per cento: un’esperienza assai deludente. In ogni caso, il governo farà le sue scelte senza pregiudizi, solo al fine di rilanciare lo stabilimento nel suo percorso di riconversione green. È una sfida difficile, su cui grava un’eredità pesantissima».
Con la decarbonizzazione degli impianti, la futura Ilva però avrà un numero di dipendenti inferiori all’attuale.
«Ho fatto decine di riunioni in queste settimane proprio per la reindustrializzazione di Taranto: deve partire subito, in sintonia con la riconversione green, non solo nelle aree delle quali l’azienda non avrà più bisogno — a Genova come a Taranto — ma anche in quelle contigue o in altre località della provincia pugliese.
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