15.05.2025
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Economy

l’Istat aggiunge 100 miliardi al Pil


La traversata del deserto è durata ben quindici anni. Tanti ce ne sono voluti per riportare il prodotto interno lordo sopra il livello raggiunto nel 2008, l’anno del fallimento di Lehman Brothers che ha dato avvio alla grande crisi finanziaria. Ieri l’Istat ha pubblicato l’attesa revisione del Pil, comunicando che il valore del prodotto interno lordo a prezzi di mercato del 2023, è arrivato a 2.128 miliardi di euro. Un livello, ha confermato l’Istituto di statistica, «per la prima volta superiore al massimo raggiunto prima della crisi finanziaria del 2008». L’Istat ha rivisto le precedenti stime utilizzando una base dati “migliorata”. Un esercizio condotto in contemporanea da tutti gli istituti di statistica europei. In Italia questa revisione ha portato ad aggiungere 100 miliardi cumulati alla crescita: 21 miliardi nel 2021, 34 miliardi nel 2022 e 43 miliardi nel 2023. A spingere la crescita sono stati soprattutto gli investimenti nelle costruzioni, legati al superbonus, e il buon andamento negli anni scorsi del settore dell’auto. Questa dinamica ha comportato anche una revisione della crescita in percentuale da un anno all’altro.

LE MODIFICHE
Sulla base dei nuovi dati il Pil è aumentato del 4,7 per cento nel 2022 rispetto al 2021, 0,7 punti in più di quanto comunicato in precedenza, mentre nel 2023 rispetto al 2022, è cresciuto dello 0,7 invece che lo 0,9. Ancora più interessante, dal punto di vista del governo, è la dinamica del deficit, perché gli effetti di trascinamento potranno sentirsi anche nel 2024 e nel 2025 regalando una “dote” per la prossima manovra. Nel 2022 il deficit è stato rivisto all’8,1 per cento, rispetto al precedente 8,6 per cento. Vale a dire un miglioramento di circa 10 miliardi di euro. Il beneficio si è ridotto a 4 miliardi nel 2023, anno per il quale il deficit è stato rivisto al ribasso dal 7,4 per cento al 7,2 per cento. Quale sarà l’impatto sul 2024 e, soprattutto, sul 2025? I tecnici del Tesoro stanno ancora limando i calcoli. L’aiuto alla manovra, tuttavia, dovrebbe oscillare tra uno e due miliardi di euro. Nulla insomma in grado di cambiare le traiettorie e lo sforzo richiesto per la correzione dei conti pubblici pari, almeno, a 10 miliardi di euro l’anno (lo 0,5 per cento del Pil). «La revisione dei dati comunicati dall’Istat», si è affrettato a spiegare il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, «è di lieve entità e non cambiano i principi e il quadro del Piano strutturale di bilancio già esaminato dal consiglio dei ministri lo scorso 17 settembre». Inoltre sarà necessario attendere altri dati per capire esattamente gli impatti. L’Istat il 4 ottobre rilascerà gli aggiornamenti sui conti della Pubblica amministrazione (indebitamento e saldo netto primario). Mentre la Banca d’Italia dovrà aggiornare i numeri del debito alla luce delle nuove tabelle dell’Istat.

IL PASSAGGIO
Il testo del Piano strutturale di Bilancio sarà comunque illustrato domani ai sindacati nel vertice convocato a Palazzo Chigi e, subito dopo, nella stessa giornata, dovrebbe essere approvato definitivamente dal consiglio dei ministri per poter essere trasmesso a stretto giro in Parlamento. Alle Camere ci sarà un ciclo di audizioni e la votazione di una mozione. Poi il testo sarà trasmesso a Bruxelles. Gli elementi fondamentali del Piano sono stati spioegati da Palazzo Chigi e dal Tesoro subito dopo l’esame preliminare della scorsa settimana. L’Italia si impegnerà a portare il deficit pubblico sotto il 3 per cento del Pil già nel 2026, con un anno di anticipo rispetto alla precedente scadenza. E lo farà ponendo un tetto alla spesa pubblica primaria corrente, che non potrà aumentare ad un tasso superiore all’1,5 per cento l’anno. Una politica «prudente», come ha sempre sottolineato Giorgetti, la cui unica concessione, per ora, riguarda il taglio del cuneo contributivo e della riduzione delle aliquote Irpef da quattro a tre. Misure che, ha spiegato il ministro, potrebbero essere rese permanenti nella prossima manovra di Bilancio.Ogni altra spesa andrà coperta o con nuove tasse o con il taglio di un’altra voe del bilancio pubblico.

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