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l’invito ad abbassare i toni


ROMA Il giorno della rabbia, ma anche della solidarietà. Di ritorno dalla missione strategica in Asia Centrale, Giorgia Meloni deve fare i conti con il livore social. È una bestia con cui ha ormai fatto il callo, ma stavolta il bersaglio non è lei ma la figlia Ginevra. Contro la piccola vengono scagliate parole raccapriccianti: l’augurio che faccia la fine di Martina Carbonaro, la giovane di Afragola uccisa come un cane ad appena 14 anni. Ad avvisare la presidente del Consiglio è l’Intelligence, che si occupa della sua sicurezza e di quella dei suoi famigliari. Per tutti loro il livello di allerta è al massimo, al di sopra non c’è altro. Lei apprende la notizia e rimane letteralmente sconvolta, senza fiato, anche perché la vicenda di Martina l’ha toccata nel profondo. La macchina di Fdi si mette in moto: rende noto e condanna il post, partono i messaggi di solidarietà. L’opposizione si unisce al coro. La premier è travolta da messaggi e telefonate. Sente i suoi cari, l’ex compagno Andrea Giambruno, padre della piccola, la sorella Arianna, la madre. Riceve la chiamata del Presidente della Repubblica, che le esprime solidarietà per un gesto, parole che farebbero rabbrividire chiunque. Ma che qualcuno, come già in passato, ha avuto l’ardore e il coraggio di scrivere.

RABBIA E PAURA

Chi l’ha sentita ieri racconta di una premier turbata, ma anche rossa di rabbia. E spaventata. Perché non è la prima volta che Ginevra finisce nel mirino degli haters, gli odiatori da tastiera: e se a qualcuno venisse in mente di commettere una follia?, il timore che la agita e che confida a chi le è vicino. Quando poi arriva la conferma che ad attaccare la figlia sui social è stato un docente, la sua amarezza travalica, rompe gli argini. Perché rafforza due crucci che ha in testa da sempre: un odio dilagante che attraversa la società, complici i social, che più volte lei stessa ha stigmatizzato; l’emergenza giovani — con il ruolo che la scuola è chiamata ad assumere — che spesso si declina in atti di violenza ma anche in una dilagante fragilità dei ragazzi. Va anche in questa direzione l’invito che la premier rivolge alle opposizioni ad abbassare i toni ma anche a marciare uniti, a fare squadra su temi che non possono dividere, su cui va fatto fronte comune. Parole che ricalcano quelle pronunciate solo pochi giorni fa, proprio per l’orribile omicidio di Martina. Meloni denuncia infatti «un clima malato, un odio ideologico, in cui tutto sembra lecito, anche augurare la morte a un figlio per colpire un genitore. Ed è contro questo clima violento che la politica, tutta, dovrebbe sapersi unire». Per una battaglia che coinvolga tutti, superando steccati ideologici. «Perché esistono confini che non devono essere superati mai. E difenderli è una responsabilità che va oltre ogni appartenenza», rimarca la presidente del Consiglio. Che più volte in passato ha messo in guardia dal pericolo di un ritorno ai giorni più bui che il Paese ha attraversato. È un timore che in lei serpeggia, e anche per questo, negli ultimi “premier-time”, ha tentato, seppur a fatica, di tenere un profilo più basso del consueto, meno agguerrito rispetto ai suoi standard barricadieri e ben noti.

L’OCCASIONE

Oggi Meloni sarà al tradizionale ricevimento al Quirinale per le celebrazioni del 2 giugno, festa della Repubblica. Nei giardini del Colle ci saranno tutti: alte cariche dello Stato, ministri, sottosegretari, parlamentari di maggioranza e opposizione. Compresi i leader, a partire da Elly Schlein. Ieri Meloni e la segretaria dem non si sono sentite, anche se la leader del Pd non ha fatto mancare il suo attestato di solidarietà per l’attacco via social alla premier e al ministro Piantedosi. Oggi potrebbe presentarsi l’occasione per uno scambio tra le due, per svelenire un clima reso incandescente da battaglie politiche che — da Ventotene a Gaza, passando per il tema del riarmo — hanno visto volare stracci tra le due curve dell’emiciclo. E magari trovare un terreno comune, come accaduto in passato sul ddl contro la violenza sulle donne: un voto unanime, un segnale al paese. «Non si possono affrontare certi temi tra una tartina e l’altra — riflette chi ha sentito Meloni in queste ore — però, certo, il ricevimento al Quirinale può essere un’occasione per abbassare il livello di scontro. Quanto meno tentare sarebbe già qualcosa». Complice la presenza di Mattarella, “ambasciatore” del dialogo. E chissà se dall’odio più becero possa nascere qualcosa di buono.

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