Lo strumento, al pari del destinatario, potrebbe apparire irrituale. I contenuti, invece, no. Scrive a Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni. Per rispedire al mittente le accuse di uno stato di diritto e un pluralismo dell’informazione a rischio, da quando al governo c’è Fratelli d’Italia. E allontanare da sé l’immagine dipinta dagli avversari di una “TeleMeloni” sempre più pervasiva, una tv pubblica viziata da una «eccessiva ingerenza politica» della maggioranza. «Attacchi maldestri e pretestuosi», affonda la premier: «Fake news che sempre più inquinano il dibattito in Europa». E da cui «neppure la Relazione della Commissione sullo stato di diritto e in particolare sulla libertà di informazione sul servizio pubblico radiotelevisivo è stata risparmiata».
Non è con l’appena rieletta presidente della Commissione Ue che pare scagliarsi Meloni. Anzi: la lettera, che è stata scritta nei giorni scorsi – e che da Palazzo Chigi assicurano di non aver fatto trapelare – punta piuttosto a mettere in guardia von der Leyen. Come dire: non dar credito alle critiche «strumentali» che vengono mosse al mio governo. Una levata di scudi potenzialmente funzionale alla delicata partita in corso sull’assegnazione dei portafogli della futura Commissione, in cui Roma reclama un posto di primo piano. Troppo rischioso lasciar correre, dunque, e accreditare la narrazione di un Paese che fatica a difendere lo stato di diritto.
È contro l’opposizione, in ogni caso, che punta il dito la premier. E anche contro una parte della stampa che, a suo avviso, pur di tratteggiare un quadro allarmistico e di raccontare un’ingerenza del centrodestra sulla tv pubblica finisce per mistificare la realtà. Furibonda, Meloni, per quelle interpretazioni con cui è stata letta in Italia la Relazione sullo stato di diritto dell’Ue, pubblicata ogni anno dalla Commissione dal 2020.
LE ACCUSE
Un’ira che traspare nero su bianco nella missiva. «Ebbene – scrive la premier – anche quest’anno le raccomandazioni finali nei confronti dell’Italia non si discostano particolarmente da quelle degli anni precedenti. Tuttavia – prosegue – per la prima volta il contenuto di questo documento è stato distorto a uso politico da alcuni nel tentativo di attaccare il governo italiano. Qualcuno si è spinto perfino a sostenere che in Italia sarebbe a rischio lo stato di diritto, in particolare con riferimento alla libertà di informazione e al servizio pubblico radiotelevisivo».
Poi la leader di FdI passa a smontare punto per punto quelle che definisce «fake news». A cominciare dal sistema di governance «soggetto a un’eccessiva ingerenza politica» della Rai (sistema «ideato e realizzato nel 2015 dal Pd», sferza la premier, che in dieci anni semmai ha «sfavorito» FdI: «È bene ricordare che, salvo la nomina obbligata di un nuovo ad, l’attuale Governo e la maggioranza non si sono ancora avvalsi della normativa vigente per il rinnovo dei vertici aziendali). Poi la fuga di giornalisti e conduttori da viale Mazzini: «Normali dinamiche di mercato» che «in ogni caso non possono essere imputate all’attuale Governo». Fino all’«asserito mancato rispetto della par condicio» per le Europee («durante ogni passata competizione elettorale tutti i governi in carica hanno potuto continuare ad informare i cittadini sulla loro attività»).
E mentre Pd e M5S vanno all’attacco («Meloni ascolti l’Ue o va a sbattere», attaccano i dem), c’è chi tra le righe del carteggio intravede una risposta e una rassicurazione all’appello sulla libertà di stampa di Sergio Mattarella. E soprattutto, una replica a chi cerca di tirare per la giacchetta il capo dello Stato, dando una lettura faziosa delle sue parole. Conclude Meloni: «Confermo ogni sforzo per assicurare in Italia e in Europa il pieno rispetto dei valori fondanti alla base dell’Ue e l’assiduo impegno a far progredire l’Italia nell’ambito della libera informazione, del contrasto alle fake news e del pluralismo, dopo decenni di sfacciata lottizzazione politica». “Mistificatori” avvisati.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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