L’Unione europea è «sulla buona strada» per tagliare del 55% le emissioni di CO2 entro il 2030. Ma dalle pagelle sui Piani nazionali integrati energia e clima (Pniec) che la Commissione ha diffuso ieri emergono valutazioni in chiaroscuro per l’Italia, incoraggiata a «ridurre la dipendenza dai combustibili fossili» in particolare nei trasporti e promuovere l’efficientamento edilizio, due settori al centro delle riforme del Green Deal.
LE RACCOMANDAZIONI
Dal 1990 (l’anno di riferimento) ad oggi, gli Stati europei hanno collettivamente ridotto del 37% le loro emissioni di gas a effetto serra, con un calo dell’8% solo nel 2023: il che — secondo le stime di Bruxelles — rende a portata di mano il raggiungimento del target previsto per la fine del decennio. La proiezione della media Ue al 2030 si attesta infatti al -54%. «Dobbiamo capitalizzare su questo slancio. Siamo di fronte a un momento decisivo: ogni settore, in ogni Stato membro, deve contribuire», ha affermato il commissario al Clima, Wopke Hoekstra. Nelle prossime settimane (e comunque «prima dell’estate»), l’olandese dovrà presentare la traduzione in legge di un nuovo obiettivo vincolante, il -90% al 2040, seppur con ampi margini di flessibilità per andare incontro alle richieste avanzate dai governi. Nel sentiero della decarbonizzazione, però, il Pniec tricolore «ha risposto solo parzialmente alle raccomandazioni» di Bruxelles in svariati ambiti, oppure fornisce «informazioni incomplete» su come intende contribuire allo sforzo Ue, si legge nel capitolo dedicato all’Italia delle valutazioni specifiche per Paese. Più nel dettaglio, la Commissione esorta il governo a definire una tabella di marcia «chiara e con misure specifiche per eliminare gradualmente i sussidi pubblici ai combustibili fossili», ad assicurare un aumento della CO2 assorbita da suolo e foreste, a «raggiungere quota 40,5% di rinnovabili» (valore indicato nella bozza iniziale del Pniec e poi sceso a 39,4%). In ambito trasporti, Bruxelles chiede a Roma di «migliorare la diffusione dei veicoli elettrici, anche tramite incentivi fiscali stabili, ad esempio la tassazione delle auto di proprietà e aziendali in base alle emissioni di CO2». Venendo all’edilizia, ci si raccomanda di «accelerare il ritmo di ristrutturazione degli edifici residenziali con le prestazioni energetiche più scarse e di quelli delle famiglie vulnerabili», oltre che promuovere «l’elettrificazione del riscaldamento e la diffusione delle pompe di calore». Per il vicepresidente dell’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili, Massimo Angelo Deldossi, «i progressi nell’efficienza energetica fatti nel periodo del Superbonus non devono restare vani. Serve quantificare più dettagliatamente i miglioramenti da conseguire nei prossimi anni, come rilevato dalla Commissione», anche per garantire «bollette più basse», mentre per incrementare lo sviluppo delle rinnovabili, «già bene avviato per le nuove costruzioni, serve semplificare il più possibile il quadro autorizzativo e ridurre la burocrazia». Stoppa il pressing Ue Confedilizia: «C’è poco da accelerare — afferma il presidente dell’associazione dei proprietari immobiliari, Giorgio Spaziani Testa -. I soldi non ci sono, gli incentivi fiscali neppure: chi paga i lavori? Temi come l’efficientamento energetico degli edifici o il loro (ben più urgente) miglioramento sismico dovrebbero essere affrontati con realismo», mentre la Commissione «continua a muoversi su una direttrice ormai fuori dal tempo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Risparmio e investimenti, ogni venerdì
Iscriviti e ricevi le notizie via email