04.06.2025
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Politics

Leone, l’appello ai preti «La Chiesa è ferita, bisogna essere credibili»


IL CASO

CITTÀ DEL VATICANO A quasi trenta giorni dalla sua elezione, le prime coordinate del nuovo pontificato che Leone XIV ha nel frattempo abbozzato, fanno già intuire che tipo di Chiesa sarà. La sua grande preoccupazione, esplicitata sin dall’inizio, è di riportare non solo concordia all’interno del tessuto ecclesiale dopo anni di lacerazioni più o meno vistose. Al tempo stesso la traiettoria centrale è di ridare plausibilità alla missione. Per capire come Papa Prevost dovrebbe impostare i futuri passaggi “ad extra” è racchiusa in una parola d’ordine particolarissima, un vocabolo ripetuto anche ieri mattina a San Pietro diverse volte davanti agli undici seminaristi della diocesi di Roma che lui stesso ha consacrato sacerdoti: «Credibilità». E, intanto, è stato fissato in agenda l’incontro con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: il 6 giugno, a San Pietro. Tra i temi sul tavolo, la pace nel mondo.

COERENZA

Perché è proprio sulla credibilità degli uomini, delle istituzioni, delle strutture che si gioca il futuro di tutto. «Insieme ricostruiremo la credibilità di una Chiesa ferita, inviata a un’umanità ferita, dentro una creazione ferita. Non siamo ancora perfetti, ma è necessario essere credibili» ha sottolineato Prevost descrivendo bene non solo la situazione della “sua” diocesi, quella di Roma, la prima per importanza e simbolismo. Tuttavia era chiaro che il riferimento abbracciava un quadro più ampio e globale, proprio come hanno analizzato a fondo molti i cardinali durante le Congregazioni Generali. Nelle riunioni a porte chiuse che si sono tenute in Vaticano dopo la morte di Papa Francesco, prima che avvenisse l’extra omnes e le votazioni nella Sistina, uno dei punti più sensibili toccati da diversi elettori in quei giorni, riguardava proprio l’urgenza di dare una bella registrata alla Chiesa nel suo complesso, puntando ad essere coerente, senza discrepanze tra ciò che si predica e ciò che si fa. In ogni campo d’azione pastorale, nel sociale, in ambito teologico, accademico, liturgico, nella cura verso gli ultimi, verso le vittime degli abusi e pure verso il pianeta.

Per Papa Prevost la credibilità dei pastori — a ogni livello — è direttamente proporzionale all’armonia tra quello che si dice e ciò che si realizza quotidianamente. Persino nel suo primo Regina Caeli, due giorni dopo essere stato eletto, parlando della crisi delle vocazioni che sta mettendo in ginocchio l’Occidente, ha fatto riferimento al bisogno dei giovani di poter contare «su modelli credibili di dedizione generosa a Dio e ai fratelli». Tradotto significa che in assenza di esempi in cui identificarsi i ragazzi difficilmente matureranno scelte vocazionali.

L’omelia che ha preparato per la celebrazione di ieri mattina, dedicata alla diocesi di Roma, va quindi allargata al resto del pianeta e può così essere letta come una road map globale. In un altro punto del testo, rivolgendosi agli undici seminaristi che stava consacrando, Prevost ha ricordato che «essere di Dio, servi di Dio, popolo di Dio, ci lega alla terra: non tanto a un mondo ideale, ma a quello reale. Come Gesù, sono persone in carne e ossa quelle che il Padre mette sul vostro cammino. A loro consacrate voi stessi, senza separarvene, senza isolarvi, senza fare del dono ricevuto una sorta di privilegio».

Leone XIV ha citato poi Papa Francesco quando metteva in guardia i preti dal rischio di diventare troppo autoreferenziali «perché questo spegne il fuoco dello spirito missionario». In basilica c’erano anche il cardinale di Roma, Baldo Reina e il vice gerente, il vescovo Tarantelli Baccari, entrambi nominati dal defunto Papa Francesco dopo il commissariamento della diocesi capitolina e della riforma radicale che ha portato a ridisegnare il suo assetto organizzativo, cancellando il settore del centro storico e causando un malumore profondo tra i parroci che non si è ancora sedato.

FRANCIA

Anche quest’anno il numero delle ordinazioni nella diocesi di Roma è terribilmente basso. Si tratta di un trend in caduta libera da anni che rispecchia l’andamento di tutto il resto dell’Europa. Per certi versi è la conseguenza più evidente della crisi dell’Occidente, della secolarizzazione galoppante, della perdita del senso del sacro. Alcuni giorni fa Prevost ha mandato alla Chiesa di Francia una lunga lettera per chiedere di rilanciare la missione e svegliare l’eredità mistica di santi come Santa Teresina o Jean Marie Vanney. Il che significa non tanto, ha specificato Leone XIV, di coltivare la nostalgia del passato, piuttosto di ravvivare le proprie radici.

Franca Giansoldati

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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