17.11.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

«Legge bipartisan contro le offese online, stop agli haters anonimi»


Un video breve — un minuto e ventitré — diventato virale nel giro di poche ore. Protagonista la sottosegretaria per i Rapporti con il Parlamento, Matilde Siracusano, che, uno ad uno, ha replicato, con una punta di ironia, ai commenti sessisti ricevuti da alcuni haters sui suoi profili social. Un nuovo atto di denuncia che riporta al centro la necessità di una legge ad hoc sull’identificazione digitale.

Sottosegretaria, come mai ha deciso di postare il video e di usare l’arma dell’ironia?

«Ho voluto sdrammatizzare perché penso sia il miglior modo per sovvertire lo schema dell’attacco sessista, che produce imbarazzo e senso di colpa in chi lo subisce. È quello che ho provato quando ho ricevuto un primo attacco, nel 2018, per un intervento fatto in Aula e rilanciato dal blog dal Movimento 5 stelle. Poi ho capito che non dipende dal soggetto, da quello che fai, ma dalla tua esposizione sui social in quanto donna. Per questo bisogna spersonalizzare l’attacco e connotare gli haters per quello che sono».

Prima la sindaca di Genova, Silvia Salis, poi Francesca Verdini, ora il suo video. Possiamo dire che, a fronte di una piaga antica, quella degli insulti sui social, stanno diventando sempre più frequenti e rumorose le reazioni?

«Io vedo un aumento esponenziale. Ma sono atti che io e altre colleghe non facciamo per noi: ci sono tante ragazze vulnerabili che stanno davvero male e soffrono terribilmente. Dobbiamo parlarne più per loro che non per noi».

Ha detto che avrebbe denunciato i suoi haters. Lo ha fatto?

«Sono andata oggi (ieri, ndr) alla polizia. Qualcuno nell’opinione pubblica sostiene che le denunce servano a poco, ma senza permettiamo a chi compie questo tipo di atti di andare incontro all’impunità. Denunciare, invece, crea un effetto deterrenza. Nel mio caso, a volte, è stato possibile risalire ai responsabili».

Quindi questa non è la prima volta che denuncia?

«L’ho fatto altre volte e, soprattutto, nel 2018. Il grande problema rispetto all’azione giudiziaria, è l’identità perché spesso ci si imbatte in profili che sono dei fake. Su questo tema, va detto, sono state avanzate proposte da più partiti e c’è condivisione sull’esigenza dell’identificazione attraverso un documento, prima dell’iscrizione alla piattaforma. Poi c’è anche un’altra riflessione da fare»

Quale?

«Sulla responsabilità oggettiva delle piattaforme. Dovremmo cominciare a pensare a come coinvolgere in maniera più incisiva le piattaforme che ospitano commenti diffamatori».

Di questo si è parlato di recente in relazione alle pagine “Mia Moglie” e “Phica.net”. Eppure ancora si fa fatica a prospettare una soluzione concreta…

«Gli strumenti in uso alla polizia per perseguire chi crea identità false si stanno affinando, ma si tratta ancora di un percorso tortuoso. E noi dobbiamo agevolarlo».

Come?

«Oltre al supporto del mio partito ho avuto il “placet” del segretario Antonio Tajani e coinvolgerò la collega Catia Polidori, responsabile di Azzurro Donna, per l’istituzione di un comitato ristretto, esteso ad altri partiti, per trovare una soluzione che possa essere più efficace. Si tratterà di abbinare più proposte per arrivare a un testo unitario, ma credo che sull’identità digitale si debba essere allineati. Ovviamente bisogna avviare una riflessione e studiare i modelli adottati da altri Paesi per provare a capire se possono esserci delle “best practice” da adottare».

L’intesa bipartisan raggiunta sul femminicidio, anche tramite contatti tra Meloni e Schlein, è ripetibile?

«Ne sono pienamente convinta. Anche perché si tratta di un fenomeno che colpisce tutti, senza distinzioni di età e mestiere. Già da oggi cominceremo il lavoro per l’istituzione di un tavolo di confronto con esponenti di vari partiti che porti a un testo condiviso».

All’esame del Senato c’è già un ddl bipartisan che fissa a 15 la soglia di età per stare sui social. Più spesso però questo tipo di commenti viene fatto da chi ha un’età matura…

«È un punto su cui riflettere. C’è da dire che le vecchie generazioni provengono da un’epoca in cui era più raro vedere una donna in ruoli apicali. In questo, le nuove generazioni hanno fatto sicuramente dei passi in avanti. Tra i giovani, però, sono in crescita i casi di violenza di genere perché i modelli di riferimento li espongono alla violenza. Su questo punto credo che si debba investire moltissimo nello psicologo nelle scuole. Spesso si tratta di distorsioni comportamentali che i familiari non riescono o non vogliono individuare visto che si tratta dei loro figli. Bisogna investire sulla psicoterapia che, purtroppo, in questo paese è ancora un tabù».

E come se lo spiega, c’entra la politica?

«Io cerco sempre di promuoverla, e di dare per prima l’esempio, rivolgendomi e chiedendo consulto a professionisti. Sulla salute mentale anche il Parlamento sta investendo come dimostra lo stanziamento inserito in legge di bilancio ogni anno».

Sente che questa è una battaglia condivisa anche dagli uomini?

«Molti hanno espresso empatia per il coraggio e lo spirito con cui il video è stato fatto. Ci sono uomini che condividono la battaglia ma noi donne le rappresentiamo con maggior determinazione perché siamo le dirette interessate. Molte battaglie politiche partono dalle esperienze vissute che si hanno alle spalle».

L’intesa non c’è stata sul ddl sul consenso informato nelle scuole, come dimostra la polemica in Aula tra il ministro Valditara e le opposizioni…

«Mi dispiace ed esprimo solidarietà al ministro Valditara, che ha subìto un’aggressione per uno strumento sano anche per il genitore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


© RIPRODUZIONE RISERVATA


Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]