Economy

le nuove regole del governo


Strade più green, sicure e resistenti, che durino venti anni. Senza che il primo acquazzone di turno apra buche o addirittura crateri che inghiottono le auto, come si vede nelle grandi città, a partire da Roma. Arrivano con questi obiettivi ambiziosi i nuovi criteri ambientali minimi (i cosiddetti “Cam”) per la progettazione, la costruzione e la manutenzione delle strade, in linea con le norme Ue. Saranno obbligatori per l’aggiudicazione degli appalti pubblici. Il decreto del ministero dell’Ambiente, a cui ha lavorato la viceministra Vannia Gava, sarà firmato nei prossimi giorni dal ministro Gilberto Pichetto Fratin. Le nuove regole si applicheranno quattro mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si punta all’abbattimento delle emissioni inquinanti e al miglioramento dei materiali con cui vengono costruite le strade, sia per la grande viabilità che per le piccole vie cittadine. Parliamo di appalti con base d’asta per circa 20 miliardi. Secondo i nuovi criteri il progetto della strada deve essere preceduto da un’analisi costi-benefici, compresi quelli ambientali e sociali. Devono poi essere inclusi una serie di sistemi per ridurre l’inquinamento dell’aria, delle acque superficiali e di falda e del suolo dovuto al traffico, come drenaggi e fasce verdi per tutelare eventuali aree agricole limitrofe. Ma anche metodi per garantire il risparmio idrico, contenere la temperatura di posa dell’asfalto e ridurre le polveri sottili.

I DETTAGLI

La pavimentazione delle strade nuove o il risanamento profondo di quelle esistenti deve puntare a durare venti anni, il risanamento superficiale in caso di usura almeno cinque anni. In ogni caso deve essere previsto in fase di appalto un accurato piano di manutenzione dell’opera per limitare gli interventi di urgenza e l’utilizzo di materie prime non rinnovabili, come aggregati e bitume. E sempre in tema materiali: per gli interventi di risanamento profondo che includono lo strato di fondazione, almeno il 70% deve essere riciclato o recuperato da altri interventi, come avviene per alcuni tipi di asfalto. Per le nuove strade l’80% dei componenti deve poter essere disassemblato per un eventuale riuso. E ancora: per manutenzioni e demolizioni almeno il 70% dei rifiuti non pericolosi prodotti nel cantiere devono poi essere riciclati. In ogni caso, quindi, devono essere rimossi radici, arbusti e alberi invasivi.

Avranno più possibilità di aggiudicarsi gli appalti le aziende che usano materiali riciclati, qualificati come sottoprodotti del calcestruzzo, e che hanno certificazioni Esg e i marchi di qualità “Ecolabel Ue” o “Made green in Italy”. Infine i motori termici delle macchine che producono il bitume dovranno essere meno inquinanti: di fase IV dal 1° gennaio 2025 e di fase V dal 2028.

E che succede se non si rispettano i nuovi requisiti? Se manca la documentazione che certifica il rispetto dei criteri ambientali quando viene presentata l’offerta, l’azienda viene esclusa dalla gara. Per irregolarità più lievi, come un rispetto parziale delle nuove regole, scattano diversi tipi di sanzioni, definite dai vari bandi. «Si arriva a multe — spiega il giurista Giuseppe Franco Ferrari della Bocconi — fino a centinaia di milioni di euro per le grandi opere, rispettando il principio di proporzionalità».

«I Cam – commenta Gava a Il Messaggero – sono il fulcro del Piano d’azione nazionale per la sostenibilità ambientale dei consumi nella Pa, con cui indirizziamo gli appalti pubblici verso la transizione ecologica e l’efficientamento energetico. Questi criteri sono molto attesi dal comparto e puntano a ridurre l’impatto ambientale e a promuovere l’economia circolare nei cantieri, con più materiali riciclati e bitume meno inquinante, in linea con le norme Ue». Secondo l’esperto Davide Chiaroni, di Energy & Strategy , «ci sono elementi molto positivi, come il principio di vita utile dell’opera di risanamento, anche se sarà difficile arrivare a 20 anni, e la gestione virtuosa del recupero del materiale. Percentuali come il 70% di componenti di recupero sono però molto sfidanti per le imprese. Premiando chi ha più certificazioni e imponendo paletti green ambiziosi, poi, si rischia di penalizzare le piccole e medie imprese, che dovranno fare i conti con nuovi costi in un contesto economico non semplice».

LE ALTRE MISURE

L’altroieri, intanto, il ministro Pichetto ha firmato il nuovo regolamento legato al Pnrr per recuperare i rifiuti speciali non pericolosi del settore delle demolizioni e delle costruzioni, aumentati negli ultimi mesi con le ristrutturazioni del Superbonus. È il cosiddetto “Regolamento Inerti”, che potrebbe essere pubblicato già settimana prossima in Gazzetta Ufficiale.

La revisione semplificata è stata realizzata dopo una consultazione pubblica e una serie di interlocuzioni con il settore, viste alcune criticità emerse nei mesi scorsi. Rispetto alla prima versione del 2022, i vincoli per le aziende diventano meno stringenti e aumentano le applicazioni a cui i materiali riutilizzati possono essere destinati. Si punta a riciclare 78,7 milioni di tonnellate di scarti, quasi il 50% dei rifiuti speciali italiani, con risparmi per l’economia nazionale per centinaia di milioni. «Alleggeriamo gli oneri economici e amministrativi per gli operatori – spiega Gava — in un Paese povero di materie prime qual è il nostro, recuperiamo strategicamente materia prima seconda con diversi obiettivi: meno discarica e, quindi, più economia circolare, più tutela ambientale, ma anche ascolto e supporto alle imprese».

«La bozza di decreto rappresenta per noi un passo avanti importante — commenta la vicepresidente dell’Ance, Silvia Ricci — per una misura che il settore aspetta da tempo. Si superano molte delle criticità precedenti. Bene in particolare la previsione di una fase di monitoraggio per garantire che il decreto possa rispondere alle diverse esigenze che si presenteranno nel tempo».

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