Eugenia Roccella, ministra per le pari opportunità e la famiglia, nel rapporto sull’occupazione (Employment Outlook 2025), l’Ocse segnala che le politiche per la natalità, senza strumenti per l’occupazione, rischiano di incidere negativamente sul Pil. Che ne pensa?
«Mi sembra un’impostazione un po’ superata. In Italia abbiamo avuto immediati risultati proprio sul fronte dell’occupazione femminile, accompagnando le misure di natalità con quelle per il sostegno al lavoro. Dai dati emerge che le donne vogliono più sicurezza rispetto al progetto genitoriale, come il raggiungimento degli obiettivi di autonomia economica e di carriera».
Quindi, questo equilibrio tra incentivi alla maternità e occupazione, in Italia, già c’è?
«Faccio notare che se per i risultati sulla natalità serviranno anni, i primi risultati sull’occupazione femminile sono stati già raggiunti, come dimostra l’innalzamento record. Il problema è che la denatalità sta diventando una questione mondiale molto più ampia, nonostante sia emersa solo in parte nel dibattito pubblico».
Si tratta di una questione culturale?
«Non è solo questo. Questa settimana ho incontrato la ministra francese che detiene deleghe su lavoro, salute, solidarietà e famiglia. Come ha sottolineato anche Romano Prodi in un recente articolo, la Francia — che ha avuto politiche nataliste più precoci e generose — registra oggi una velocità di caduta del tasso di natalità maggiore dell’Italia. E ci raggiungerà prima di quanto non si pensi».
Come se lo spiega?
«Il problema è che le vecchie politiche – che pure sono di equità e di giustizia – non danno più gli stessi effetti e quindi dobbiamo capire come intervenire anche in maniera più complessa e creativa. Noi, ad esempio, abbiamo fissato le politiche nataliste su tre assi. Il primo rappresentato dai trasferimenti diretti — come l’assegno unico e il bonus nuovi nati. Il secondo, la conciliazione, con l’aumento dei congedi parentali all’80%. Il terzo, i servizi, ad esempio con il rialzo dei rimborsi per gli asili nido. Ovviamente le politiche nataliste in senso più stretto continuiamo a farle. Ricordo che abbiamo aumentato l’assegno unico per le famiglie numerose e lo stiamo difendendo in Europa, ora che è in corso una procedura d’infrazione. A differenza di chi — a sinistra — ha scritto la norma. Quando parlo di soluzioni creative voglio dire che dobbiamo comprendere le motivazioni per cui oggi non si fanno figli, perché non sono solo economiche».
Tra le ipotesi in vista della prossima manovra, c’è quella di una maxi detrazione per le mamme lavoratrici in base a il numero dei figli. È una strada percorribile nonostante i costi ingenti?
«Il dibattito sulla finanziaria non è nemmeno cominciato. Il tema del sostegno alle famiglie e della natalità c’è e si intreccia con quello dello spopolamento delle aree interne su cui è stata messa a punto un’apposita Strategia e fondi ad hoc. Non si tratta di una misura classicamente natalista ma nella sostanza lo è perché servirà a sostenere la vitalità delle aree interne e quindi anche la natalità».
Tra i provvedimenti allo studio c’è anche quello della riforma dell’Isee. Che peso avrà il quoziente familiare?
«Il tavolo è in corso e si stanno studiando varie ipotesi. Su richiesta delle associazioni, intanto, abbiamo già previsto che le misure nataliste non incidano sull’isee sommandosi al calcolo del reddito».
Lei ha annunciato l’ampliamento delle finestre di accesso al bonus nuovi nati. Le adesioni sono state al di sotto delle aspettative?
«L’Inps ha messo una finestra un po’ stretta che restringeva la fruizione. Sono arrivate alcune lettere a cui abbiamo risposto, lavorando sul prolungamento. Se c’è un difetto, questo va ricercato nella comunicazione. Dovremmo far conoscere di più tutte le misure pro natalità. In questo senso, un aiuto può provenire dai centri famiglia sul territorio».
Secondo alcuni, una riposta al contrasto al crollo demografico passa anche per l’immigrazione e le politiche di cittadinanza..
«Noi siamo stati i primi a reintrodurre i flussi regolari di lavoratori immigrati ».
E lo ius scholae?
«Il problema non è la cittadinanza, che l’Italia dà già ampiamente. Pensare di risolvere la questione solo attraverso l’immigrazione è un qualcosa che si è già visto e che non funziona».
Per il prossimo 2-3 ottobre è in programma la Conferenza per l’Infanzia. Di che si tratterà?
«Quella dei giovani appare sempre di più come un’emergenza. Vogliamo fare il punto della situazione mettendo insieme famiglia e scuola. Finalmente si parlerà di famiglia all’interno del piano per l’Infanzia. In quello precedente questa parola non compariva neppure, come se la questione dei ragazzi riguardasse solo il sociale».
Questa settimana si è svolto anche un tavolo con il ministro Nordio e la Garante per l’Infanzia sul problema dell’allontanamento dei minori dalle famiglie. Che farete?
«Abbiamo messo fuoco il problema. Il tavolo proseguirà, stiamo lavorando insieme per vedere se è necessario un intervento normativo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this