Non è una prova generale. Ma le somiglia. E se lo fosse, per Ursula von der Leyen rappresenterebbe la quasi certezza di aver incassato il risultato. Centristi e Socialisti compatti per il sì, qualche defezione qua e là tra Popolari e Verdi, Conservatori che alla fine si piazzano al di qua del “cordone sanitario” contro l’ultradestra e votano con la maggioranza europeista. Non è (ancora) il voto per la riconferma della presidente uscente della Commissione: per quello si dovranno aspettare le 13 di oggi, quando nell’emiciclo di Strasburgo si cominceranno a scoprire le carte. Eppure il perimetro dei sì ricalca quello che i Popolari europei, guidati dal tedesco Manfred Weber, tenteranno fino all’ultimo di difendere e puntellare per assicurarsi il bis di Ursula. Sempre che non vada a segno il blitz della Sinistra. Che ieri a tarda sera ha chiesto di rinviare il voto. Il motivo? La sentenza della Corte di giustizia Ue che ha condannato la Commissione per mancanza di trasparenza sui contratti di acquisto per i vaccini anti-Covid.
Intanto però il primo banco di prova della decima legislatura Ue è sul sostegno all’Ucraina. Il nodo da sciogliere è la risoluzione con cui si chiede di continuare a inviare armamenti a Kiev, o meglio di «aumentare in misura sostanziale» la produzione di armi da inviare. Ma anche di dare un semaforo verde (simbolico, dal momento che il documento è un atto di indirizzo non vincolante) all’uso di quelle armi su territorio russo da parte della contraerea ucraina. Tradotto: colpire su suolo di Mosca, la “linea rossa” che finora solo Emmanuel Macron aveva chiesto di valicare.
E il risultato non poteva che essere quello che è stato: centrodestra e centrosinistra italiani entrambi spaccati. Alla fine il documento passa con un’ampia maggioranza: 495 sì, 137 no e 47 astenuti. Favorevoli i Socialisti, Renew e gran parte dei Conservatori di Ecr (a cominciare dagli italiani di FdI), così come i Popolari del Ppe, i Verdi (ma non i tre italiani) e un pezzo della sinistra di The Left (ma non Mimmo Lucano e Ilaria Salis, men che mai i Cinquestelle). Contrari, tutti i Patrioti (leghisti compresi) e i Sovranisti di Esn.
Qualche presa di distanza però c’è: i meloniani, per esempio, si astengono sul nodo spinosissimo dell’utilizzo delle armi in territorio russo, per non allontanarsi dalle cautele del governo di Giorgia Meloni sull’argomento. I forzisti votano a favore, come il resto del Ppe, ma poi Antonio Tajani precisa: «Rimaniamo contrari. È un’opinione del Parlamento, legittima ma non vincolante». Sul passaggio che condanna il presidente di turno del Consiglio Ue Viktor Orban per la sua autoproclamata missione nella Federazione russa FdI si smarca e vota contro: «Non c’entra con l’argomento della risoluzione», la spiega il capodelegazione meloniano Carlo Fidanza.
Distinguo e smarcamenti a parte, il nocciolo della questione è che sull’Ucraina la maggioranza Ursula supera ampiamente il battesimo del fuoco. E i Popolari che tifano per il bis di von der Leyen lo leggono come un segnale incoraggiante per questo pomeriggio. Anche se nessuno si fa illusioni: «Domani (oggi, ndr) ci saranno ben altri scogli». A cominciare dalle mosse dei Conservatori. Che – al netto di ciò che faranno i meloniani che ancora a tarda sera attendevano un segnale da Roma – potrebbero andare in ordine sparso.
PREVISIONI
Del resto i tavoli su cui trattare sono molteplici: dalle presidenze di commissione (che si voteranno martedì) alle future partite chiave, come la possibile marcia indietro sullo stop ai motori a combustione. E si incrociano con le questioni “pro domo loro” che stanno a cuore alle singole delegazioni nazionali. Ecco perché i pallottolieri si aggiornano di minuto in minuto: l’obiettivo è 361 sì. Si punta a 390. Ma anche quando a sera i corridoi del palazzo europeo si svuotano, ottenere una stima di quanti saranno davvero i sì per Ursula somiglia a un esercizio divinatorio. Dicono le previsioni: il gruppo socialista, alla fine, potrebbe essere tra i più compatti, così come Renew. Anche se i liberali tedeschi aspettano ancora un riscontro alla lettera spedita a von der Leyen sul bando dei motori a benzina e sul no al debito comune, che potrebbe arrivare nel discorso di oggi. Mentre quelli irlandesi sono orientati per il no, perché le rimproverano troppa timidezza su Gaza. Nel Ppe si dà per probabile il tiro al piccione dei Républicains francesi, che sono 6, e degli sloveni di Sds. Ma pure di qualche tedesco della Cdu. Intanto i Conservatori di Romania, Francia e Polonia hanno detto no, grazie. Lo stesso, dopo qualche incertezza, svedesi e finlandesi. Chiudono il quadro i Verdi, che scioglieranno la riserva dopo il discorso. Ma contano di andare compatti su Ursula al 90%, anche se resta l’incognita degli italiani. «Lei almeno parla la nostra lingua, chi ci garantisce che Mitsotakis e Plenkovic facciano lo stesso?», si domandano. E così, la conta, resta sul filo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this