Prima fianco a fianco a San Pietro, ad ascoltare il Regina caeli di Leone di cui lodano il «messaggio di pace». Poi un caffè insieme ed eccoli, un paio d’ore dopo, a due passi dal Quirinale, a cannoneggiare all’unisono contro l’Europa di Ursula von der Leyen e contro Emmanuel Macron. «C’è l’impressione che a Bruxelles, Parigi o Berlino a qualcuno convenga che le guerre proseguano», comincia lui; qualcuno come l’«ambiguo» inquilino dell’Eliseo, gli dà man forte lei, che «più che cercare di far tacere le armi sembra preparare la guerra». Parlano la stessa lingua, Matteo Salvini e Marine Le Pen. La leader del Rassemblement National è a Roma, ospite della due giorni di scuola di formazione politica della Lega a Palazzo Rospigliosi, di fronte al Colle.
Ed è qui che va in scena il duetto col vicepremier. Contro un’Europa «burocratica» in mano a «lobbisti, fondamentalisti ambientalisti, immigrazionisti», che – arringa Salvini – «è alla fine dell’impero». Un’Ue «antidemocratica» e «brutale», rincara la dose la leader del Rassemblement National, che «sfrutta con un cinismo abietto ogni crisi per privare gli Stati membri di sovranità». E che ora prova pure a «neutralizzare qualsiasi opposizione politica», cercando «in tutti i modi di influenzare i processi elettorali in tutti i Paesi». È successo in Romania con l’esclusione di Ceaușescu, concordano Matteo e Marine, in Germania con l’Afd. Ma soprattutto in Francia, con la condanna di Le Pen a 4 anni per appropriazione indebita. Che – in attesa dell’esito del ricorso – l’ha esclusa dalla corsa all’Eliseo nel 2027. «C’è in atto una tendenza a vietare e censurare i partiti che sono in contrasto con le posizioni politiche dell’Ue», ribadirà più tardi la leader transalpina ai microfoni di Quarta Repubblica. «Ne abbiamo pagato le conseguenze io, Matteo, Orban…». Salvini in ogni caso ne è certo: «I francesi la sceglieranno come presidente e per l’occidente sarà un cambiamento storico». Poi ironizza pensando al suo processo: «Pensavo che il sistema giudiziario italiano fosse dei peggiori, ma in Francia dopo una condanna primo grado sei già sotto sanzione…».
L’AFFONDO
Se von der Leyen, Green deal e sinistra woke sono i nemici comuni, il secondo uno-due della coppia sovranista è tutto contro Macron, e contro il suo asse dei “volenterosi” riuniti due giorni fa a Kiev. Una foto da cui Giorgia Meloni è volutamente rimasta fuori. Le Pen punge il connazionale: «Non è la prima volta che cerca di intervenire per portare una soluzione, ma sempre senza successo. Mi chiedo quale sia il suo obiettivo». Con Salvini, mai tenero col presidente francese, sfonda una porta aperta. «A Bruxelles e a Parigi c’è qualcuno che non sta lavorando per la pace», insiste il leghista. Un’insofferenza, quella nei confronti di Macron e del suo sì al riarmo, che finisce per rinsaldare il vecchio asse coi Cinquestelle. Che a loro volta criticano «l’iniziativa dei volenterosi-bellicosi» e la «minaccia» a Putin che – avvertono – «testimonia il drammatico fallimento dell’Europa». Per poi tuonare pure contro la «minoranza bellicista e guerrapiattista nel Pd», dopo le proteste di Pina Picierno sull’uscita dei partner del campo largo.
IL CONSIGLIO FEDERALE
Salvini, da parte sua, non ricambia la cortesia («Dio ci conservi in salute Schlein, Conte e l’intera compagine», ironizza il leader leghista). Mentre saluta con favore l’incontro tra Trump e Zelensky: «Speriamo che nessuno a Bruxelles o a Parigi si metta di mezzo». E si prepara, il 9 giugno, a festeggiare con gli altri leader sovranisti Ue nella Loira, per l’anniversario della «grande vittoria» locale del Rassemblement un anno fa. Ma per il Capitano leghista quella che si apre sarà una settimana importante anche per il riassetto della Lega. Nei prossimi giorni infatti (probabilmente per mercoledì) sarà convocato il consiglio federale per eleggere i quattro vicesegretari. Con tre conferme (Durigon, Stefani e Crippa) e una new entry annunciata: il generale Roberto Vannacci.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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