Si salutano ormai come vecchi amici. Pensare che non sono passati neanche due anni. Bastano a cementare un rapporto umano, oltreché politico, tra Giorgia Meloni e Volodymyr Zelensky, che si ritrovano fra i padiglioni del Washington Convention Center, nell’ultimo giorno del summit Nato nella capitale americana.
LE INCOGNITE
Non è tempo di convenevoli però. Joe Biden vacilla alla Casa Bianca, Donald Trump bussa al suo cancello, in Europa i partiti filorussi riprendono forza e serrano i ranghi. Al leader ucraino la premier italiana, nel bilaterale a margine del summit, ribadisce che i rifornimenti da Roma andranno avanti.
Una batteria di difesa anti-aerea Samp-T, attrezzata di una settantina di missili, è già partita alla volta di Kiev. E nel nono pacchetto di armi approntato insieme al ministro della Difesa Guido Crosetto è stata inserita una commessa di Storm Shadows, missili a lunga gittata di produzione anglo-italiana.
Ha la confidenza, Meloni, per mettere il suo interlocutore di fronte ai rischi politici di questa operazione. A Washington la leader rivendica l’invio di munizioni all’Ucraina, rifila una stoccata indiretta al vicepremier Matteo Salvini quando, parafrasando le ultime uscite del segretario leghista, spiega come «non si può scambiare la pace con un’invasione». Da Roma, la risposta non tarda ad arrivare. «Dal mio punto di vista i missili ammazzano le persone, sono contrario a fare in modo che in Ucraina e in Russia sempre più soldati muoiono», dice Andrea Crippa, vicesegretario del Carroccio. Braccio destro di Salvini con licenza di colpire duro, che raramente parla senza coordinarsi con il capo. Questo è il clima. E andrà avanti a lungo: in Parlamento la Lega prepara il blitz con un ordine del giorno per chiedere ai partiti di schierarsi contro l’invio di armi “offensive” in Ucraina. Già, ma che vuol dire offensive? Questione assai spinosa: l’esercito di Zelensky può usare le armi italiane per colpire oltre le linee russe? La Costituzione tricolore, che ripudia la guerra, suggerisce di no. Al summit Nato poi è il ministro degli Esteri Antonio Tajani a mettere in chiaro: «Si possono usare solo in territorio ucraino, per scopo difensivo». E ieri ha tenuto a precisare: «Nessun soldato italiano andrà in Ucraina, non siamo in guerra con la Russia». Sulle regole di ingaggio però restano zone grigie e anche su questo è pronta a picchiare la Lega. Ma torniamo al summit Nato. Meloni si espone molto, nella tre giorni americana. Prende impegni solenni, preparati nei mesi scorsi. Lo sprint verso il 2 per cento del Pil speso nella Difesa, il lavoro dei suoi ministri per ricavare quasi un miliardo di euro in più dal bilancio dello Stato per quest’anno. E la promessa di fornire all’Ucraina aggredita 1,7 miliardi di dollari in aiuti e munizioni per l’anno a venire, dei 40 annunciati dall’Alleanza atlantica. Senza contare i nuovi assetti Nato che l’Italia si prepara ad ospitare.
GLI ASSETTI
Nella base di Vicenza, sarà data in supporto alla brigata americana una batteria di missili a corto raggio V-Shorad: non si potrà usare dal suolo italiano, ma basta a mettere il nostro Paese nel mirino del Cremlino. Proprio come l’intesa, insieme a Germania, Francia e Polonia, per produrre missili cruise con una gittata fino a 500 chilometri. Non è poco, per un Paese allergico ai vincoli esterni e una maggioranza che parla in ordine sparso sul dossier ucraino. Al summit Nato Meloni fa pesare il contributo italiano. Quando specifica che gli aiuti a Kiev, sempre di più, dovranno essere «mirati». O ancora, quando invita gli alleati seduti al Consiglio atlantico a «evitare duplicazioni» tra progetti Nato e Ue, perché «il bilancio nazionale è uno solo». Messaggio fra le righe: la spesa militare ha un costo (anche) elettorale.
Dunque, servono garanzie. Fra queste, un impegno concreto, non solo retorico, per stabilizzare il fianco Sud, addestrare le forze di polizia e militari dei Paesi nordafricani. La doppia tenaglia — da un lato Trump più vicino alla Casa Bianca, dall’altro il pressing leghista — non farà cambiare linea alla timoniera di Palazzo Chigi sul sostegno ucraino. Ma nulla si può dare per scontato, in queste settimane di burrasca.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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